Outsider per eccellenza, mischiando studi letterari, marxisti, di teoria della comunicazione, di teatro dell’assurdo e della crudeltà, fin dagli anni Settanta, il sociologo e filosofo francese Jean Baudrillard, si fa portatore di una teoria quanto mai centrale e innovativa rispetto a quanto prodotto dai suoi “maestri”, diventando uno dei più influenti pensatori della postmodernità.
Opponendosi a Marx, che aveva posto al centro dei fenomeni economici e della società la produzione, Baudrillard pone al centro della sua speculazione il consumo.
La società contemporanea si configura essenzialmente come società dei consumi e dei mass media. La realtà è sottoposta ad un continuo processo di dematerializzazione, degradazione. Essa stessa è oggetto di consumo, mero spettacolo. Di conseguenza, la comunicazione e l’informazione, sono un valore assoluto. Nuove realtà, nuove verità, o meglio, simulacri della realtà. Nasce così la “teoria del simulacro”. Dice il sociologo francese: “Il simulacro non è ciò che occulta la verità. È la verità ciò che occulta che non esiste una verità”.
Ma in che modo le società avanzate, cioè quelle in cui viviamo oggi, finiscono per coincidere con la “società simulacro”?
È a questo punto che la seduzione entra in gioco.
In Strategie fatali (1983) e Della seduzione (1980) essa viene intesa come quell’infinito potere che è in grado di catturare in modo fatale le società. È la sovversione dell’ordine delle cose, sempre associata all’artificio, al maleficio e, quindi, alla femminilità. Gioco con propri segni e propri rituali, si contrappone alla serietà del lavoro finalizzato alla produzione.
“La seduzione non è il luogo del desiderio. E’ quello della vertigine, dell’eclissi, dell’apparizione e della sparizione”.
Desiderio e seduzione, quindi, appaiono come due concetti diversi e, per certi versi, contrapposti.
“È seducente soltanto ciò che non si pone il problema del desiderio, ciò che è passato attraverso l’assoluzione e la risoluzione del suo desiderio.” scrive Baudrillard.
E se la realtà si direalizza, se l’oggetto è svuotato della sua materialità, deviato dalla sua verità, anche il desiderio finisce per essere derealizzato e dematerializzato dalla seduzione e, di conseguenza, sostituito dall’illusione delle apparenze.
“Sedurre è morire come realtà e prodursi come gioco illusionistico” scrive ancora Baudrillard.
È questo il passaggio fondamentale attorno al quale è stata costruita la mostra dal titolo La forma della seduzione. Il corpo femminile nell’arte del ‘900 presso la Gnam, Galleria nazionale d’arte moderna, Roma (fino al 5 ottobre 2014) che comprende circa 130 opere, suddivise in cinque sezioni che seguono altrettanti passaggi dell’opera di Baudrillard.
Si passa, quindi, dalle forme morbide e rassicuranti del nudo femminile, nella sua versione classica, a quelle spigolose e percorse dalle inquietudini avanguardiste (come le figure oblunghe di Modigliani e quelle deformate fotografate da Man Ray); dall’esclissi del corpo e dalla destrutturazione della figura femminile (Picasso, Mirò) alla riduzione della sessualità ai suoi particolari anatomici; infine, alla sintesi in “donna-oggetto”, “oggetto del desiderio”, “feticcio” (Dalì, Ernst) perché “Solo l’oggetto è seducente.”
Elemento umano e animale si sovrappongono. Attrazione e repulsione si confondono, come nella più classica versione del gioco della seduzione.
Evidenti sono i contributi di Kierkegaard al pensiero di Baudrillard.
Nel Diario del seduttore (1843) il filosofo danese aveva fornito un quadro ben preciso delle figure di Don Giovanni e Casanova, sottolineandone le differenze. L’uno era stato considerato come rappresentativo di una seduzione volta al soddisfacimento del desiderio puramente sessuale, l’altro di una seduzione che si poneva al di là dell’immediata sensorialità. Non è un caso che il sesso sia considerato da Baudrillard come “residuo economico dello scambio simbolico”.
E che dire dei riferimenti che Baudrillard stesso fa a Baudelaire e al suo concetto di “merce assoluta”? “L’arte (l’opera d’arte) sottoposta nell’epoca moderna alla sfida della merce, non deve cercare la sua salvezza in una negazione critica (…) ma rilanciando oltre l’astrazione formale e feticizzata della merce, oltre la fantasmagoria del valore di scambio diventando più merce della merce, in quanto più distante dal valore d’uso.” Concetto evidentemente applicabile al corpo femminile, da sempre al centro dell’arte, in tutte le sue sfumature.
Ma chi cerca di fare del pensiero sulla seduzione di Baudrillard una teoria vera e propria, con tutte le implicazioni sulla comunicazione che comporta (giacché la seduzione, al pari della comunicazione, richiede dualità) finisce per non ritrovarsi molto tra le mani.
Lo stesso Baudrillard sembra arrendersi di fronte all’evidenza quando, cercando di definire la seduzione, scrive: “Si tratta di un oggetto non identificato, un oggetto non analizzabile, teorico ed amoroso”.
Forse, proprio per questo, la seduzione è da sempre evocata dalla scrittura e idealizzata dall’arte come qualcosa che attiene al segreto e al mistero.
E forse è giusto che sia così. In fondo, fa parte del gioco.