Fra qualche settimana sarà il compleanno di uno dei filosofi e saggisti che più hanno influenzato il pensiero americano negli anni della formazione degli Stati Uniti d’America: Ralph Waldo Emerson. C’è chi lo ha definito uno fra gli scrittori che incarnano la cultura e lo spirito dell’essere americano, mentre altri ne sottovalutano il talento di poeta e scrittore. Emerson è l’emblema innanzitutto di quella corrente, il Trascendentalismo, che da forza latente e sotterranea al pensiero indipendentista, può senz’altro essere considerato non solo un pensiero filosofico ma anche stile di vita.
Nei suoi numerosi saggi, Emerson lascia spunti e quesiti ai suoi lettori sulla loro esistenza, il loro credo spirituale, la loro condotta di vita. Accanto al pensiero politico e filosofico, occhi attenti possono leggere con abbastanza facilità una serie di riferimenti ai costumi sociali, alle convenzioni e alla quotidianità che Emerson vuole affrontare e cambiare. Partendo da The American Scholar, discorso fondante del Trascendentalismo, Emerson chiede a chi l’ascolta una cosa semplicissima eppure di difficile attuazione: un pensiero libero ed indipendente. Se all’epoca si riferiva soprattutto ad un’indipendenza da una sudditanza culturale e psicologica dall’Europa, oggi il suo pensiero può essere facilmente attualizzato pensandolo in termini personali ed individuali. La libertà di scegliere, sbagliare, cambiare, gioire, ricominciare. La diffidenza da opinioni saccenti e non richieste, l’indipendenza di spirito e di volontà. Tutto ciò in riferimento anche al saggio Self-Reliance condensabile in poche parole: Trust thyself (fidati di te stesso). Delle tue paure e delle tue certezze, dei tuoi bisogni e delle tue intuizioni. Il potere di questa fiducia viene all’uomo direttamente dalla Natura, dalla forza del sole e del vento, dal profumo di un albero e dal rumore di un fiume. Già, la Natura, con le sue visibili metamorfosi nelle piante, nelle rocce, negli animali, negli uomini. Quella stessa forza che insegna all’uomo a ricrescere e rinascere ogni volta, contro le tempeste e gli uragani.
Vivere, per Emerson, significa non abbandonarsi a valori venduti come nobili e bisogni pubblicizzati come indispensabili. Vivere comporta bensì una scelta, una valutazione e una decisione. Vita è soprattutto obbedienza a sé stessi, ai nostri pensieri, alle nostre idee. Non significa non ascoltare gli altri, tutt’altro: vuol dire scegliere con coscienza e con apertura, valutando il pensiero altrui ma rispondendo però solo alla nostra volontà, perché come dice in The Conduct of Life, “so far as a man thinks, he is free” (fin tanto che un uomo pensa, è libero).
Certo vivere comporta responsabilità, rischio, delusioni, sforzi, a volte sofferenza. Meglio che esistere, uno stato passivo di annebbiamento di volontà e di passioni, annullamento di forza e di pensieri. Per vivere bisogna scegliere, dice Emerson, perché “nel turbinio degli eventi una decisione va presa, la migliore possibile se puoi, ma è meglio una che nessuna”.