Ho attraversato l’abse, il nulla
nel nulla ho trovato un paese
nel paese sono entrata
attraversando questi nodi pubblici:
la prima porta
la bottega dell’acqua
l’osteria del buio rosso
la piazza
la scuola
la biblioteca
l’ostia
l’asilo
l’ospizio femminile
il cimitero
ho infilato ogni filo creaturale nella mia cruna interiore
nascendo questo poema
io viaggio e canto
portando ovunque comunque
l’io profondo nel mio corpo che è la mia casa.
Anna Maria Farabbi
Poetessa umbra, nata a Perugia il 22 luglio 1959, Anna Maria Farabbi ha pubblicato numerose opere di poesia, narrativa, teatro, saggistica e traduzioni dal francese e dall’inglese. Il titolo della raccolta “Abse” è un termine del dialetto eugubino. “Abse è il nulla”, spiega l’autrice, il nulla inteso come qualcosa di inesprimibile che vive nell’istante tra il pensiero e l’impugnatura della penna. Con queste parole la Farabbi sostiene che l’Abse sia, sostanzialmente, indefinibile. “Il titolo per me è la soglia sensibile, il guado che contamina i piedi di un lettore per sempre, l’annunciazione della sostanza interiore. Essenziale, fulminante, duraturo”, scrive la Farabbi nella postilla alla raccolta. Abise però è anche la matita: “penso davvero che questo mio filo esile di scrittura, dai miei tredici anni a ora, sia cancellabile in un colpo, sotto un po’ di pioggia o dentro un soffio o sotto una gomma”.
Nella raccolta è ben evidente un tipo di poesia che si svincola dagli schemi dei generi letterari, fino a tramutarsi, talvolta, in un tipo di prosa dal tono poetico. Nella poesia che vi propongo oggi vi è il primo tentativo di descrizione di questo nulla che il poeta si trova a seguire affascinato. La poesia che apre la raccolta con una cronologica enumerazione dei luoghi di frequentazioni più consueti per ogni uomo; in questi “nodi pubblici”, man mano che si percorrono, si incontra il nulla, ci studia e si riconosce nella sua fugacità. “Io viaggio e canto / portando ovunque comunque / l’io profondo nel mio corpo che è la mia casa”. Il poeta è costretto a vivere da viaggiatore, annunciatore messianico dell’arrivo di una scoperta: la scoperta del proprio io interiore. La poesia appare quasi come una forma di meditazione, indispensabile per ricongiungersi con la propria natura ancestrale e primitiva, vicina al cielo e sensibile ad ogni movimento interiore ed esteriore, finché non diventino moti generati dalla stessa radice.