Siamo nella Napoli del Seicento. Lisario è muta a causa di una violenta operazione subita da bambina. Quando i genitori decidono di maritarla con un uomo più anziano, lei cade in un sonno profondo. Respira, deglutisce, sembra in salute, ma non si sveglia mai. Finché non arriva dall’Olanda un giovane dottore, proveniente da un illustre famiglia di medici, che si ritrova per caso nella stanza della malata senza sapere cosa fare. Per giorni la osserva; poi uno strano desiderio si impossessa di lui. Comincia a toccarla dove solo un marito dovrebbe mettere mano e, seduta dopo seduta, l’ossessione per la ragazza cresce. Quando Lisario si sveglia, il dottore teme che possa rivelare ciò che le ha fatto, ma si rallegra della sua fortuna quando scopre che è muta. I genitori della giovane, per premiarlo, lo scelgono come marito per la figlia, senza poter prevedere quando questo matrimonio aggraverà la morbosa ossessione del medico.
Quella raccontata da Antonella Cilento nel suo ultimo romanzo, è una storia complicata, potente, dalle tinte scure e fosche, che lascia il segno per il modo originale in cui è scritta. Con uno stile ricco e imprevedibile, l’autrice narra, attraverso la protagonista femminile, la condizione della donna nel diciassettesimo secolo, e la considerazione che avevano di essa gli uomini. Ciò che ossessiona il marito di Lisario, infatti, è il fatto che la donna sia in grado di procurarsi piacere da sola: a che cosa serve, allora, l’uomo? Il suo dubbio scatena una riflessione che non trova riscontro nel contesto sociale in cui vive; ecco cosa gli risponde un collega nel momento in cui gli viene chiesto un consiglio sullo studio del piacere femminile:
Non credo a questo progetto, dottore. A chi importa del segreto di un animale inferiore? L’animale fa quel che gli viene comandato, esegue e obbedisce e prova quel che gli viene detto di provare. Voi fingete un mondo dove si abbia stima del cervello delle donne? […] Del loro sistema nervoso?
Ho trovato questo romanzo estremamente interessante soprattutto per il modo raffinato e capace con cui ha dato vita a così tanti personaggi provenienti da zone diverse d’Europa, ognuno con la propria storia, la propria cultura e la propria lingua. Le descrizioni sono accurate e vivide, i dialoghi vivaci e accattivanti. La lingua sa essere camaleontica senza mai perdere quel qualcosa in più che rende lo stile della Cilento riconoscibile dalla prima all’ultima pagina. “Lisario o il piacere infinito delle donne”, candidato al premio Strega, è un romanzo a più livelli (quello storico, quello sentimentale, quello critico e quello più strettamente linguistico) che si può così prestare a diverse letture. Mi è piaciuto molto e intendo rileggerlo, per apprezzarne alcune sfumature meno evidenti che potrebbero essermi sfuggite, troppo presa dalla storia della vita di Lisario.