Arthur Schopenhauer non è stato solo un filosofo tedesco capace di esprimere una concezione della vita attraverso idee definite da molti pessimiste e scoraggianti. La sua opera filosofica e letteraria va oltre i principi di volontà e rappresentazione, di relativismo, assenza di dolore e mancanza di felicità nella condizione umana. Infatti, Schopenhauer ha scritto diversi saggi che esulano da una matrice prettamente filosofica anche se, leggendoli, troviamo sparse qui e là pensieri e concetti che rimandano di continuo alle sue idee sul mondo e l’uomo in generale. Nei suoi Saggi, ed in maniera più specifica quelli sullo stile, Schopenhauer fornisce al lettore una serie di consigli su come scrivere, come argomentare concetti difficili e come sviluppare un’idea per renderla fruibile e più accessibile a chi legge. Un pensiero di fondo resta alla base di ogni spiegazione: “La pura verità è la più bella, e più semplice è la sua espressione, più profonda è l’impressione che fa”. Arthur stesso usa un linguaggio semplice e scarno, essenziale per definire e rendere comprensibili concetti a volte complicati e di difficile analisi. Secondo Schopenhauer, “lo stile è la fisionomia della mente. È una chiave più affidabile della fisionomia del corpo per comprendere il carattere. Imitare lo stile di una persona è come indossare una maschera. Anche se bella, questa diventa subito intollerabile ed insipida perché è senza vita”. Schopenhauer continua affermando che ogni autore dovrebbe guardarsi soprattutto dal cercare di mostrare più intelletto di quanto in realtà ne abbia. Infatti, se così facesse, il lettore sarebbe tentato dal pensare che chi scrive in realtà ne abbia ben poco. L’ingenuità, secondo Schopenhauer, attrae, mentre tutto ciò che è innaturale e forzato diviene oggetto di repulsione. Ogni vero e genuino pensatore, filosofo o scrittore cerca sempre di esprimere i suoi pensieri nella maniera più pura, chiara e concisa possibile. “Lo stile riceve la sua bellezza dal pensiero espresso”, mentre coloro che fingono di avere un pensiero fine da esprimere, lo abbelliscono con stratagemmi stilistici che finiscono con l’appesantire e rendere ancora più ripugnante il concetto che di cui si vuol parlare. Sull’idea di verità e su come essa venga recepita e compresa dagli uomini, Schopenhauer sintetizza il suo pensiero in questa massima: “Ogni verità attraversa tre stadi: dapprima viene ridicolizzata, poi viene violentemente avversata, infine viene accettata come evidente”. Allo stesso modo, ogni pensiero che non viene espresso in maniera chiara e concisa viene dapprima apprezzato per il suo stile eccentrico ed insolito, poi lodato per il suo esercizio retorico, infine rigettato perché troppo artificioso e, in definitiva, finto. “Quegli scrittori che costruiscono frasi difficili, oscure e ambigue quasi sicuramente non sanno esattamente quello che vogliono esprimere: ne hanno solo una confusa coscienza e faticano a pensarla e quindi a scriverla”. Secondo Schopenhauer uno scrittore dovrebbe risparmiare tempo, concentrazione e pazienza al lettore; in tal modo gli farebbe credere che ciò che ha di fronte vale la pena di essere letto. Verità, mancanza di artificio e semplicità sono quindi i parametri essenziali che servono al vero scrittore e al lettore per comprendere se ciò che legge sia genuino o frutto di finzione o, peggio, di assenza di pensiero. La vera brevità di espressione consiste nel dire solo ciò che vale la pena di essere espresso, cioè la verità.