Ero per strada. Io con i miei passi. Veloci, ansiosi. Era la curiosità. La curiosità li rendeva tali. In mano un disegno. E una voglia pazza di sapere. Gli altri, come lo vedevano il mondo? Io ero sicuro, strasicuro che, dietro ai discorsi, dietro ai discorsi sentiti al mercato, c’era dell’altro. Nascosto dalle solite frasi cupe, disilluse, preconfezionate, c’era il modo assolutamente personale e unico di ognuno di noi di vedere il mondo. La mia percezione, esclusiva, differente, era impressa su quel foglio. Riassunta in una sola immagine, ché era questo che volevano, sarebbe stato proprio interessante saperla viva e conoscere… conoscere l’opinione personale che aveva su di me la mia percezione personale del mondo… ragionamenti, questi, complicati, ingarbugliati, ma che ebbero il pregio di calmarmi, mentre nel frattempo coprivo quella distanza.
Arrivato, vidi un gruppo di persone, appena giunte lì anch’esse, riunirsi e cominciare a discutere. Mi avvicinai. Ognuno di loro prese a fare domande e a lodare i disegni degli altri. Questi, lusingati, fecero lo stesso con quelli e altri ancora. Ma il perché di ogni disegno e il suo significato nessuno lo chiese. Guardai il mio ancora una volta. C’era un uomo che correva. Cuffie nelle orecchie, telefonino in mano. Sullo sfondo un paesaggio da sogno. Un grande prato verde, un ruscello. Poi il sole accecante e i colori. C’era anche un angelo che, un passo indietro, gli aveva appena sbarrato la strada.
Mi allontanai. Avevo con me il manuale. E una panchina su cui sedermi. Lo aprii, lessi:
“Un elemento molto significativo, perché portatore di conseguenze in un testo narrativo, (ma anche poetico, orale, visivo), è il punto di vista del narratore, cioè la posizione che egli assume nei confronti della storia narrata. Per punto di vista, espressione metaforica che rimanda alla percezione visiva, s’intende qualcosa di molto simile a quanto avviene per effettuare fotografie o riprese cinematografiche. L’immagine ottenuta sarà infatti diversa a seconda dell’abilità e delle intenzioni del fotografo o del regista, ma anche della combinazione delle varie tecniche. Così, il narratore si trova nelle stesse condizioni per indicare il tipo di esperienza, che ha degli eventi del racconto, e la prospettiva, con cui vede i personaggi e le azioni.
I critici chiamano focalizzazione l’adozione di un punto di vista particolare e determinabile in relazione alla storia. Essi distinguono tre tipi di racconti:
- 1. racconto non focalizzato o a focalizzazione zero: in tale tipo di racconto il narratore ne sa più dei suoi personaggi, è il depositario della verità, è onnisciente, il suo punto di vista è illimitato, proprio perché conosce interamente gli eventi. Domina dall’alto, con l’occhio di Dio, tutti i segreti e i sentimenti dei personaggi e controlla, a suo arbitrio la storia, riportando anche proprie riflessioni, poiché conosce, fin dall’inizio, lo sviluppo di tutta la narrazione. E’ il caso del Manzoni de I Promessi Sposi;
- 2. racconto a focalizzazione interna: in questo caso il narratore ne sa quanto il personaggio, o i personaggi di cui adotta il punto di vista. Conosce solo una parte della realtà, apprende gli eventi durante il loro svolgimento, assiste ad essi, verifica, ma non modifica la vicenda in modo sostanziale. La narrazione può essere fatta in prima persona, dove l’io narrante racconta la sua storia, o anche in terza persona, ma sempre attraverso il pensiero e il punto di vista del personaggio. Un esempio è Vittorini con Conversazione in Sicilia;
- 3. racconto a focalizzazione esterna: in questo racconto il narratore ne sa meno dei personaggi. Non entra nei loro segreti, ma si limita a testimoniare la realtà oggettiva, cioè i comportamenti e i discorsi dei personaggi, come fa una macchina da presa. Il narratore, pertanto, non ha accesso alla coscienza di alcuno, assume solo il ruolo di documentatore e scompare. Tutta la grande narrativa naturalista e verista dell’Ottocento ha inseguito il miraggio della totale scomparsa dell’autore dalla scena della narrazione, per creare la percezione dell’impersonalità. Hemingway è stato un autore che ha fatto sua questa tecnica.”