L’attività di Antonio Fogazzaro si inserisce in un filone appartenente al retaggio sociale della borghesia e dell’aristocrazia della provincia veneta, anche se punta ad un orizzonte di tipo nazionale o addirittura internazionale.
Egli fu capace di raccogliere l’eredità della tradizione cattolica, pur aprendola sia alla nuova realtà dell’Italia unita, sia al mondo contemporaneo legato agli sviluppi scientifici e all’inquietudine del mondo religioso e della sua scemante sensibilità.
Dotato di una vasta e ricca cultura, con un’attenzione peculiare alle grandi letterature europee e ai nuovi sviluppi del pensiero religioso al di fuori della penisola, egli rimase legato fortemente all’eleganza e alla raffinatezza della società alto-borghese e aristocratica, abituata a trascorrere il tempo in ville signorili, a stretto contatto con una natura trasognata e schietta.
Era anche dotato di un’attenzione molto forte alle classi più umili, in particolare ai contadini; cattolico moderato ad aperto, mantenne un fondo di viva sensibilità romantica e una convinta fedeltà agli ideali risorgimentali. La sua fu infatti una ricerca piuttosto inquieta di un compromesso tra tradizione cattolica e cultura contemporanea, con la speranza di rinnovare delle istituzioni religiose rimaste ferme di fatto al XIX secolo. Questa forte dicotomia si risolse spesso in una serie di contraddizioni all’interno delle sua poetica: il suo modo di raccontare di stampo naturalistico si scontrò infatti con la volontà di descrivere gli stati d’animo interiori dei personaggi, casi intellettuali e morali, suggestioni e richiami misteriosi che avvicinano lo scrittore ad aspetti più legati ad una sorta di “decadentismo” tutto personale.
Nato a Vicenza il 25 marzo 1842 da una ricca famiglia borghese, cattolica ma fortemente patriottica, Fogazzaro ricevette un’educazione legata agli ambienti religiosi gravitanti intorno alla famiglia; al liceo di Vicenza ebbe come professore l’abate Giacomo Zanella. Soggiornò in Valsolda (sul lago di Lugano) e iniziò gli studi di Legge all’Università di Padova. Dopo il 1859-60 si trasferì a Torino con la famiglia in attesa della liberazione del Veneto, lì si laureò in legge.
Iniziò a svolgere la pratica di legale a Torino, ma sentiva sempre più forte l’attrazione del mondo della letteratura, così nel 1866 sposò la contessa Margherita di Valmarana avendone tre figli, e si stabilì a Vicenza, dando avvio ad una serie di viaggi. Interssante il periodo di interesse nel campo teorico dell’evoluzionismo, per cui produsse numerosi saggi, raccolti poi nel volume Ascensioni Umane.
Il suo reale esordio letterario, tuttavia, si ebbe piuttosto tardi, con la pubblicazione dei versi di Miranda, inseguito alla quale il padre (deputato a Roma) cessò del tutto di ostacolare la sua grande passione; ciò gli spianò la strada verso il successo con Malombra, a cui seguiranno Daniele Cortis (1885), la raccolta Fedele e altri racconti (1887), Il mistero del poeta (1888), subito tradotto in francese. Il successo più grande fu però raggiunto von Piccolo mondo antico (1895).
Dopo una serie di scontri con l’ambiente cattolico più intransigente che non approvava alcune sue scelte vicina al cosiddetto modernismo, egli dovette parzialmente ritrattare sugli aspetti più critici del pensiero inquieto che caratterizzava i suoi personaggi, con una ricaduta sulla profondità della poetica e sullo stile. In seguito all’apparizione del nuovo romanzo Leila, morì in ospedale a Vicenza, durante un’operazione chirurgica, il 7 marzo 1911. La sua inquieta vita matrimoniale, minacciata da rapporti continui con le nobildonne dell’alta società, fu tuttavia sempre irreprensibile, in liea con il suo saldo credo religioso.