Lara sedeva con le gambe a penzoloni sull’argine del fiume e carezzava con le dita le piccole viole del pensiero che erano sbocciate accanto al bordo della strada, proprio dove finiva il cemento e cominciava l’erba incolta. Le sfiorava con delicatezza e pensava che la stagione stava cambiando, era evidente: quei piccoli fiori selvatici, quel piacevole tepore, così insolito per il periodo, che bagnava di luce le sue guance ricoperte di efelidi… erano tutti segnali di una nuova rinascita.
Marzo era cominciato solo da qualche giorno, eppure si parlava già di primavera anticipata. I suoi amici cantavano scherzosamente “che fretta c’era, maledetta primavera?…” e Lara pensava che non era solo lei ad avere fretta, tutti avevano fretta e anche le stagioni si susseguivano freneticamente l’una dopo altra senza aspettare che il loro tempo arrivasse da sé. Ieri era inverno e oggi guarda, il sole brilla, scalda addirittura, e le viole del pensiero sono fiorite ai bordi delle strade.
Il venticello leggero le scompiglia i capelli sciolti e Lara chiude gli occhi per cogliere meglio il leggero profumo di mimose e narcisi che si sparge delicatamente nell’aria tersa di marzo.
Il fiume gorgoglia rumorosamente sotto i suoi piedi, così lontano eppure terribilmente vicino: se solo scivolasse giù, basterebbero pochi attimi per collidere con la superficie dell’acqua.
Chissà come sarebbe affondare tra le alghe che si muovono sinuose a pelo d’acqua, sentire le scarpe che affondano verso il fondo sabbioso, respirare a pieni polmoni e sentire il petto che va a fuoco, gli occhi che bruciano. Lara ci pensa e non riesce ad evitare i brividi che le sollevano i radi peli delle braccia e la scuotono per un momento.
Chissà come sarebbe.
Ci aveva pensato per settimane, ci pensa anche ora. Il suicidio non è un pensiero triste, al contrario. È dolce come un frutto maturo e lascia in bocca uno strano retrogusto speziato. Come una mela… no, non è una mela, ma tante mele, mele cotte, come gliele faceva la nonna, con miele e cannella. Quando era bambina aspettava l’ora della merenda solo per affondare il cucchiaio in quella dolce meraviglia, ignorando i brontolii della nonna che la intimava di aspettare, perché lo sanno tutti che la frutta calda fa male allo stomaco.
L’avrebbe incontrata di nuovo, nonna? C’era davvero qualcosa al di là di quello che si può vedere?
Lara si alza in piedi sul bordo del fiume e guarda di sotto: i suoi pensieri vorticano velocemente, i ricordi le affollano la mente, un campanello d’allarme le risuona fastidiosamente nelle orecchie. Tutto quel rumore interno la scombussola leggermente e lei avverte un moto di vertigine. Distoglie lo sguardo dall’acqua e nel farlo si sposta leggermente dalla sua posizione precaria.
È un attimo: il piede sinistro scivola in fretta oltre l’argine, trascinando di sotto terriccio e sassi. Lara si aggrappa disperatamente all’erba e in un attimo si rende conto che il pericolo è stato scampato. Però… quell’attimo di terrore l’ha spiazzata. Non immaginava che fosse così difficile. Perché lo faceva? Perché voleva farlo?
Di nuovo sente nell’aria il profumo di mimose e pensa a sua madre. La starà aspettando per il pranzo. Ormai sarà quasi pronto lo spezzatino, che lei sa fare bene come nessuno e che ha preparato solamente per lei. Probabilmente starà guardando l’orologio, ma non è preoccupata, sa bene che sua figlia è una ragazza che si perde via ad osservare una margherita o ad accarezzare il gatto dei vicini.
Sua madre le vuole bene.
Questo pensiero arriva folgorante come un’epifania: Lara lo accoglie, lo rivolta, lo analizza parola per parola, ma poi capisce che non c’è nulla al di là del suo significato più puro. Sua madre le vuole bene.
E lei deve imparare che non è sola a questo mondo. E che vale, esiste ed è… qualcuno.
Lara si rialza ripulendosi grossolanamente il fango dal fondo dei jeans stretti. Si incammina verso casa, dopotutto sua madre aspetta solo lei per cominciare a mangiare.
Prima di voltarsi del tutto, torna a guardare per un solo istante il fiume che gorgoglia. Avverte un brivido e capisce che la scelta di tornarsene a casa è inevitabilmente quella giusta. Raccoglie una margherita sbocciata accanto all’asfalto e la sfoglia mentre cammina pigramente lungo la strada.