Chi scrive la storia e chi ne sceglie i protagonisti? Come si selezionano gli avvenimenti degni di essere scritti ed inseriti sui libri che studiamo a scuola? Un evento per essere definito storico segna un cambiamento o una novità rispetto ad avvenimenti precedenti e le sue conseguenze modificano e, talvolta, rivoluzionano eventi successivi. La caduta del muro di Berlino, la Rivoluzione cinese, la fine dell’Impero romano e l’ascesa di Hitler hanno trasformato e condizionato la vita di milioni di persone. Già, ma le vite di queste persone chi le racconta? Fanno anch’esse parte della storia. Chi resta ai margini, molto spesso, sono le esistenze comuni, fatte di quotidianità e cose semplici.
Le storie della gente, quelle che si svolgono dietro le mura delle case, nelle piazze, nei bar o nei teatri non entrano fra le pagine dei libri di storia ma ne sono il sottofondo vitale, il palcoscenico e la coreografia. Così fu anche la vita di Jane Franklin, sorella di Benjamin Franklin, scienziato e politico statunitense. Mentre il fratello si dedicava all’invenzione del parafulmine e delle lenti bifocali e si prodigava nella campagna di indipendenza delle tredici colonie americane e, successivamente, contribuì alla stesura della dichiarazione di indipendenza americana, la vita di Jane è quella che quasi ogni donna dell’epoca viveva: quotidianità, domesticità, famiglia, problemi coniugali.
La sua esistenza non viene presa in considerazione dalla grande lente di ingrandimento della Storia. Il punto focale resta la vita politica e culturale del fratello che, non bisogna dimenticarlo, contribuì non poco a cambiare per sempre la vita di milioni di cittadini americani e non solo. Già, ma la vita di quei cittadini chi la racconta? E soprattutto, quella delle loro mogli, sorelle, madri, figlie?
La Storia si piega e si inchina ad onorare chi la rivolta, la scombussola, la fa piangere, morire e risorgere, e si dimentica di chi l’arricchisce di tante piccole storie che come trame di una tela la tengono insieme. La Storia non ricorda Jane Franklin e con lei tante donne e uomini che hanno vissuto e vivono la loro storia. Jane non aveva ricevuto un’istruzione come quella di Benjamin, si era sposata giovanissima e aveva vissuto una vita di espedienti, ristrettezze, dolore per la perdita di undici dei suoi dodici figli, e forse di gelosia per quello che lei avrebbe potuto avere e che non gli è toccato. Nelle sue lettere al fratello, alcune raccolte nella biografia scritta da Jill Lepore, Book of Ages: The Life and Opinions of Jane Franklin, si scusa per i suoi errori ortografici, per la sua scarsa capacità di comprendere le idee del fratello, per il suo non essere in grado di capire le riflessioni di Benjamin sulle vicende americane.
Restare fuori dalla Storia significa non sapere e non capire. L’incomprensione è, tuttavia, reciproca. La Storia non comprende e quindi trascura le storie comuni perché non cambiano le storie di molti. Gli avvenimenti personali della vita del singolo non sono di rilevanza storica perché non trasformano la vita degli altri. La vita di Jane, come scrive Lepore, era fatta di “giorni di carne e di duro lavoro” che non scrivono i manuali di Storia ma restano pur sempre parte di una riga nascosta di un paragrafo. Le storie fanno la Storia ma questa a volte si scrive da sola e dimentica di riscrivere le vite degli altri.