Fu la prima donna a vincere il Nobel nel 1909. “Per l’elevato idealismo, la vivida immaginazione e la percezione spirituale che caratterizzano le sue opere”. Selma Lagerlöf fu anche la prima donna a essere eletta tra gli accademici di Svezia, e ancora oggi è considerata tra le più grandi scrittrici svedesi, iniziatrice di un genere a metà tra la saga familiar-sentimentale e il romanzo fantastico che però non ebbe mai seguito. La sua opera, come la sua vita, possono definirsi fuori dal comune.
Nata a Mårbacka, nel Värmland, terra di laghi e boschi nascosta nella foresta svedese popolata da fate e altre figure soprannaturali della mitologia nordica, crebbe allevata dalla nonna materna a suon di fiabe e antichi racconti, che sin dall’infanzia accesero il suo immaginario di personaggi fantastici. Affascinata da quei racconti, Selma decise ben presto di diventare una scrittrice. Il suo fervente misticismo religioso dell’epoca fu messo a dura prova da una serie di eventi: i problemi finanziari della famiglia e l’alcolismo del padre, che un giorno la stessa Selma avrebbe ereditato, oltre a un incidente che la azzoppò per due lunghissimi anni, regalandole tanto tempo e la solitudine sufficiente per pensare, la spinsero a mettere in discussione i dogmi religiosi, assumendo un atteggiamento dubitativo. Un dubbio che la accompagnerà anche durante gli anni dell’università, quando si accosterà alle letture dei grandi letterati, narratori e scienziati europei, non ultime le scandalose e allora emergenti teorie dell’evoluzionismo darwiniano.
La fede resterà sempre un capitolo spinoso della sua interiorità così come della sua poetica: scomparso il cieco attaccamento ai valori tradizionali della ferrea moralità cristiana, resterà una tiepida fede “umanistica”, potremmo definirla, nella bontà di un essere superiore, che alcuni continuano a chiamare Dio. Ben presto Selma trovò nuova fonte di ispirazione nella scrittura: nel 1890 i primi capitoli de “La saga di Gösta Berling” apparvero a puntate su una rivista, e piacquero a critici e lettori, tanto da farle vincere un premio che le permise di ritirarsi dall’insegnamento per un anno per continuare a scrivere il suo libro. “La saga di Gösta Berling” fu accolto freddamente dalla critica svedese, ma ebbe grande successo in Danimarca, successo che spinse Selma Lagerlöf a continuare a scrivere. Nel 1894 apparve Osynliga länkar, “Legami invisibili”, una raccolta di racconti sulla Svezia medioevale, un luogo e un tempo che torneranno sovente nell’opera della scrittrice affascinata dall’esoterismo occulto di quell’epoca storica. In quello stesso anno Selma conobbe la scrittrice Sophie Elkan, la donna che, più di chiunque altri, segnerà la sua vita e la sua attività letteraria.
Il loro rapporto, di cui resta traccia in un episodico, incerto carteggio, fu caratterizzato da forte ambivalenza, gelosia e competizione letteraria, dietro cui si celava però un altrettanto forte legame, che fu vera e propria passione amorosa. Quando nel 1895 Selma lasciò l’insegnamento per dedicarsi completamente alla scrittura, le due intrapresero un lungo viaggio verso la Sicilia, terra affascinante proprio per la sua religiosità a metà tra il sacro e il profano, che le ispirerà un nuovo racconto, “Antikrists mirakler”, “Il miracolo dell’Anticristo”, proprio come il lungo peregrinare attraverso la terra svedese negli anni immediatamente successivi porterà alla luce “Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson” (1904), forse uno tra i suoi libri più famosi, un inusuale testo di geografia per bambini in cui il protagonista viaggia attraverso tutta la Svezia cavalcando il dorso di un’oca.
Due anni dopo, trasferitasi a Falun, città della Svezia centrale, Selma conobbe Valborg Olander, insegnante e scrittrice di cui divenne assistente e amica, suscitando la profonda gelosia di Sophie Elkan. Il legame con Olander, all’epoca attivista nella lotta femminista per il suffragio universale, rappresentò un punto di svolta nella vita intima e intellettuale di Selma Lagerlöf, un amo a cui aggrapparsi per uscire finalmente dal mondo delle favole e di un passato mitologico e remoto per calarsi nella realtà storica del tempo presente. Furono gli anni dell’impegno civile e sociale a favore della causa femminista, della resistenza pacifista durante la Prima Guerra Mondiale e dell’opposizione al Nazismo in favore dei rifugiati ebrei, ma anche gli anni del ritorno alle origini, nella vecchia casa di Mårbacka ricomprata nel 1907 e rimessa completamente a nuovo. Ma soprattutto furono gli anni dei riconoscimenti e dei primati: il Nobel, vinto nel 1909, l’elezione tra gli accademici di Svezia nel 1914, l’ingresso a pieno titolo nel Pantheon della letteratura svedese – e non solo.
Selma Lagerlöf è stata una delle prime donne moderne a ottenere, infine, la tanto agognata uguaglianza che molte donne ancora oggi lottano per guadagnarsi. Morì nel marzo del 1940 a causa di una emorragia cerebrale. Il suo talento più grande, oggi come allora, consiste nell’aver saputo raccontare, attraverso i mondi fantastici di cui fu artefice, signora e padrona, una certa verità universale sulla vita umana. Una verità che, ancora oggi, non passa di moda.