In queste ore di veloci mosse gattopardesche e comiche prese di posizione sull’integrità e sulla coerenza di scelte ed opinioni, ci si può soffermare a pensare su quanto faccia bene in realtà cambiare quotidianamente emozioni, stati d’animo, modi di essere e di porsi agli altri. Sempre che questi ultimi non se la prendano a male per le nostre repentine sterzate in corsa, il costante mutamento di percezioni, convinzioni, certezze e mancanze potrebbe aiutarci a comprendere quanto la ricercata coerenza e la scontata integrità altro non siano che gabbie nelle quali l’identità di ogni individuo è stata, e continua a essere, rinchiusa, svilita, uccisa. Non si accettano contraddizioni, cambiamenti d’idea e di opinione. Sono mal visti i cambi di rotta in un oceano già agitato e senza ripari sicuri. Ancor meno il “ricomincio da zero” e il coraggio di cambiare e scegliere diversamente, nuovamente.
Quello che conta, sembra, sia il seguire una strada già intrapresa e percorsa non solo da noi, ma da chi ci ha preceduto al fine, forse, di renderla gratuitamente liscia, piatta, banalmente sicura per chi ci seguirà. Guai a pensare e agire diversamente, a non conformarsi alla morale ipocrita e perbenista, ad avere emozioni diverse. L’omologazione viene oggi venduta come integrità e coerenza personali.
Annemarie Roeper non la pensava certo così quando scrisse The “I” of the Beholder: A Guided Journey to the Essence of a Child nel quale analizza l’origine e la natura dell’identità e come questa venga plasmata ed influenzata negli anni della formazione. Fin dall’infanzia, infatti, “cerchiamo di modellare un luogo che sia a noi conosciuto, un posto che possiamo controllare, che sia sicuro, che ci lasci crescere e coltivare i nostri unici modi di essere. Questa è la battaglia per la nostra sopravvivenza psichica, il nostro bisogno di identità: tribale, nazionale, famigliare ed infine individuale”.
La Roeper definisce i primi anni di vita quelli nei quali il bisogno di individualità e di affermazione di unicità da parte di ciascun piccolo individuo si scontra con le gabbie sociali e culturali che il mondo esterno getta sotto forma di sicurezza, onore, possibilità, successo, felicità. In realtà, “abbiamo fallito nel creare una società sicura ed armoniosa per le passate, presenti e future generazioni” in quanto “il futuro del mondo dipende da come un bambino cresce e il suo Io si sviluppa”. Siccome “manchiamo di una fondamentale comprensione dell’animo umano”, non siamo stati, e non lo siamo tuttora, in grado di capire come la spiritualità di ogni individuo debba essere libera da ogni condizionamento per poter crescere e svilupparsi.
Annemarie Roeper invita quindi a seguire i propri progetti e desideri cercando di aprire le gabbie ormai interne nell’adulto e di dimenticare le regole e i piani degli altri. Non c’è una precisa trama da seguire perché il cambiamento è dietro l’angolo poiché “non sappiamo come la nostra interazione con l’esterno possa cambiare il nostro cammino. È questo il più grande dramma del mondo”.