Banali osservazioni meteorologiche, sui brutti tempi che corrono, la crisi, le mezze stagioni. Commenti e frasi di circostanza su questi argomenti a volte, anzi spessissimo, non bastano a sostenere una conversazione duratura, interessante e per nulla noiosa. Di frequente ci sediamo ad un tavolo, in un salotto, sugli sgabelli del bar ansiosi per non sapere come cominciare un discorso che non risulti banale e scontato. Proviamo a pensare agli spunti più interessanti, ai fatti di cronaca più sconcertanti e, talvolta, raccapriccianti, pur di far colpo, o se non altro, interessare il nostro interlocutore. Mentre ci arrovelliamo su cosa dire e come cominciare, gettiamo sguardi ansiosi e intrappolati su tutto ciò che circonda lo spazio umano di chi ci ascolta. Per non sembrare scortesi e a corto di pensieri spiccichiamo la prima idea che ci rimbalza in testa: “Fa davvero freddo oggi, vero”? Salvi? Per nulla, neanche in calcio d´angolo.
Se avessimo letto The Handbook of Etiquette, and Guide to True Politeness (Manuale di buone maniere e guida alla vera cortesia) di Arthur Martine sapremmo come fare. Anche se il libro risale al 1866, in questo modesto opuscolo troviamo tante considerazioni su cosa fare e non dire, come porsi e quali atteggiamenti evitare quando ci si trova a dover fare conversazione o dimostrare cortesia. Se alcuni comportamenti e vocaboli posso sembrare obsoleti e fuori luogo per il mondo contemporaneo, altri suggerimenti, invece, trovano una facile ed opportuna applicazione in diversi contesti moderni.
Gentilezza e buone maniere sono eguagliate al pari della legge e, in tal modo, il loro utilizzo e la loro applicazione vanno seguite e rispettate in maniera piuttosto rigorosa. Infatti, secondo Martine, come le leggi che guidano il comportamento umano e sociale, anche la cortesia dell´agire e del parlare è funzionale alla cooperazione e al benessere sociali. Infatti, “la cortesia è una sorta di benvolere sociale che evita di ferire l´orgoglio o di sconvolgere il pregiudizio delle persone intorno”. Proprio per questo motivo, secondo Martine, “le buone maniere sono particolari forme, cerimonie e regole che il principio di gentilezza stabilisce e rinforza per regolare i modi di fare di uomini e donne nei loro rapporti reciproci”.
Tali regole di comportamento sono necessarie poiché, secondo Martine, gentilezza e modi cortesi non sono per nulla innati negli esseri umani e vanno coltivati e perseguiti con instancabile pazienza e attenzione. Cortesia e affabilità vanno tuttavia limitati se rischiano di sconfinare in irruenza ed eccessiva attenzione poiché si rischia di appesantire la conversazione ed il rapporto con l’altro con la prodigalità di servizi, doni, richieste e obblighi.
Alcuni esempi pratici?
- Evitare di parlare quando non si ha niente da dire perché “il silenzio che ascolta con gentile attenzione è più lusinghiero dei complimenti e più frequentemente spezzato per incoraggiare gli altri a parlare anziché per mostrare il potere di chi ascolta”;
- Non dare risposte laconiche, a meno che il nostro intento sia quello di “guadagnare attenzione con semplice maleducazione”;
- Non essere bastian contrario a tutti i costi, in quanto è meglio lasciare “le arringhe degli avvocati nelle aule dei tribunali […]. In altri contesti è sintomo di cattiva educazione”.
- Silenziare gli altri con tono alto e altezzoso, con citazioni e paroloni, è caratteristica di persone “vuote e superficiali, […] che parlano di tutto con eguale saccenteria, senza mai dimostrare una mancanza o non conoscenza”.
Allegria, sincero desiderio di compiacere e compiacersi, privi di ogni intento di auto incensarsi: queste le qualità che bisognerebbe, secondo Martine, “portare in società per avere una piacevole e cortese conversazione” al fine di dimostrare “con le buone maniere di avere un cuore buono e un animo generoso”.