«Passeggiando per santa Lucia, lungo i parapetti del mare di Posillipo, nel tepore profumato dell’aria notturna gonfia di serenate che salgono da oscuri gruppi di mandolinisti alle finestre banali e felici degli Excelsior e dei Bristol, ho voluto simulare ironicamente, a braccetto con Lina, la luna di miele delle basse letterature e delle cartoline illustrate. Esageratamente estasiato nella serenità solitaria della riva insigne, ho contraffatto l’amore dei vent’anni, la calda languidezza senza parole e con pochi baci, a contatto di capelli e di fianco, intramezzata dall’allegro motteggio, o con molte parole e baci e frizzi che tornano inavvertitamente a rifinire in sospiri».
Ardengo Soffici nacque a Rignano sull’Arno il 7 aprile 1879 da una famiglia di agricoltori; nel 1893 si trasferì a Firenze dove cominciò gli studi artistici, iscrivendosi all’Accademia delle Arti e alla Scuola del Nudo. Nel 1900 si recò a Parigi e qui iniziò a lavorare per alcune riviste importanti, occupandosi di critica d’arte; in questo periodo conobbe anche artisti del calibro di Picasso e Apollinaire. Ben presto emerse la vena letteraria di Soffici, tanto che, dopo essere ritornato a Firenze nel 1907, egli contribuì a fondare la Voce e propose la linea dell’autobiografismo puro. Sebbene avesse criticato aspramente una mostra futurista, lo scrittore abbandonò l’avversione iniziale nei confronti di questo movimento: infatti, fondando la rivista Lacerba(1913), Soffici entrò in contrasto con le idee promosse dalla Voce, per approdare all’anarchia espressiva e ad una letteratura sperimentale e frammentaria. In questi anni lo scrittore incontrò anche Dino Campana, che gli affidò il manoscritto dei Canti Orfici, confidando in un aiuto per la pubblicazione, date le conoscenze di Soffici nell’ambiente culturale dell’epoca.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, l’autore partì come volontario e descrisse la sua esperienza sui campi di battaglia in Kobilek (1918) e Ritirata nel Friuli (1919). In seguito egli continuò l’attività letteraria, pubblicando una monografia su Carlo Carrà, e intensificò la partecipazione alle mostre. Dopo aver lavorato a Roma nella redazione del quotidiano Nuovo paese, strumento principale del partito mussoliniano, Soffici maturò l’adesione al fascismo, tanto che nel 1925 firmò il Manifesto degli intellettuali fascisti. Trasferitosi a Poggio Caiano, l’autore scrisse numose opere tra cui Elegia dell’Ambra (1927), Periplo dell’arte (1928), Ritratto delle cose di Francia (1934), Marsia e Apollo (1938). Tra il 1951 e il 1955 pubblicò Autoritratto di artista italiano nel quadro del suo tempo, aggiudicandosi il Premio Marzotto; successivamente egli curò in sette volumi le sue Opere letterarie. Lo scrittore morì a Forte dei Marmi, il 19 agosto 1964.
L’esperienza futurista, da cui inizialmente aveva preso le distanze, rappresenta solo uno stadio dell’attività artistica e letteraria di Ardengo Soffici: egli fu un caso particolare di pittore e scrittore, in cui i fermenti di avanguardia e Futurismo si affiancarono al tradizionalismo. Caratteristica dell’autore è un impiego piuttosto diffuso del plurilinguismo, che genera una simultaneità sul piano temporale e spaziale.