La generazione delle trentenni, oggi, avverte spesso il peso di una maledizione sulle spalle. Cresciute in una dimensione di plastica, dove la bellezza non è sentita solo come un dono, ma come una qualità, una dote -spesso l’unica dote- le nuove generazioni si muovono in una dimensione surreale, in cui la vita e la morte sembrano essersi amalgamate, giocando entrambe sul filo sottilissimo di un tempo estremamente ridotto, la durata di un attimo prima che la carne puzzi di morte e vecchiaia. Uno scenario in cui è difficile muoversi, trovare nuove prospettive di espressione, che sfuggano a canoni impossibili da rispettare. Per questa ragione il libro di Lidia Ravera, “Piangi pure” (edito Bompiani, 2013), ha un impatto così forte. È un libro, questo, che porta in sé una nota rivoluzionaria, perché mette in campo una nuova prospettiva, scevra dagli stereotipi e luoghi comuni che appesantiscono il panorama italiano.
Iris De Santis ha 79 anni, ha venduto il suo appartamento in viale Parioli alla modica cifra di 780.000 €, ha sposato un uomo che non amava, avuto una figlia che non voleva, si è innamorata di un altro uomo, che non l’amava, e che ha sposato un’altra. È una vita di alti e bassi quella di Iris, come tante vite, ma è la sua assoluta schiettezza l’elemento principale che la rende così attraente. Non ha filtri, non si nasconde, l’idea di se stessa non nasce dall’immagine deformata di uno specchio falsato. Osserva la sua figura e la accetta per quello che è, “Io non mi pento mai di niente”, afferma con naturalezza. A 79 anni Iris si innamora di un uomo di 76, C., affetto da una malattia gravissima, e la loro storia d’amore, che nasce quasi inconsapevolmente, è vissuta con la stessa intensità di un amore giovanile, dimostrando così che c’è spazio per l’eros e un desiderio di scoprire cosa riserva la vita, anche nell’ultimo tratto di strada. Ecco, a questo punto, si deve dire che C. è un uomo di particolare intelligenza, perché innamorarsi di una donna come Iris non è semplice. Sarebbe molto più facile per lui, come la contemporaneità ci insegna, attraversare il viale del tramonto nell’illusione che una ventenne con tacchi vertiginosi e pelle liscia possa ancora amarlo. Invece sceglie un’altra strada, travolto dalla vitalità anticonformista di Iris: una madre, una nonna, ma sopratutto una donna, un essere umano che non si arrende all’idea di defilarsi dalla vita silenziosamente, come un oggetto che ha perso attrattiva per la comunità, e abbraccia, invece, la curiosità per l’esistenza senza porsi limiti, irriducibile, con i capelli ancora raccolti in una treccia come da giovane.
Un romanzo contro gli stereotipi che legano la vita delle donne ad un attimo lungo quanto un sospiro, ma che allo stesso tempo allarga il suo sguardo critico anche alle generazioni più giovani. Alice, figlia di Iris, ex-sessantottina che sostituisce la sua fede nel partito con la fede in Dio, chiusa nelle sue certezze tanto da non riuscire a stabilire un dialogo né con la madre, né con la figlia; Melina, bellissima e ignorante, che usa la seduzione per sopravvivere. Tre donne che in fondo sono la stessa, divise dalla storia ma unite dall’irrequietezza del vivere.
Un linguaggio scorrevole, ironico e malinconico, che racconta come una confessione il desiderio di rimanere vivi e non soccombere alla morte dell’intelletto, ma anche il difficile tentativo di trovare un senso in se stessi quando ancora si è al centro della giostra.