L’intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai
da uno dei milioni d’anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,
di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l’ha mai liberato.
Mostrare la mia faccia, la mia magrezza –
alzare la mia sola puerile voce –
non ha più senso: la viltà avvezza
a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce.
Pier Paolo Pasolini
Lo sdegno lascia il posto alla disillusione e all’amarezza in questa poesia dedicata a noi, agli italiani.
Pier Paolo Pasolini, “tipico prodotto dell’Unità d’Italia”, come si era definito lui stesso, attraverso le diverse espressioni della sua arte, ha tante volte cercato di interpretare la nostra nazione, ha scovato tra le pieghe della nostra identità, cercando di analizzarla e nel contempo di ricostruirla.
In questi versi così duri, così pungenti, eppure così certamente veri, viene dipinta una nazione che ha deciso di fare poco per se stessa. Un popolo che ha scelto di appiattirsi, di astenersi da un giudizio che lo coinvolga, che lo renda pienamente responsabile.
I versi in questione sono stati composti molti decenni fa -considerato che Pier paolo Pasolini è morto nel 1975- ma sembra che siano stati scritti proprio in questi di anni, per il periodo che stiamo vivendo.
Pare che dunque gli italiani abbiano adottato sempre la stessa linea nei momenti di crisi. Una crisi che, allora come ora, non è solo materiale ed economica, ma che, al contrario, è soprattutto valoriale.
Un’analisi questa, che a primo acchito può infastidire, da cui ciascuno come individuo forse si sente di prendere le distanze. Il problema non è l’individuo, ma la comunità. Dov’è la nostra comunità?
Pasolini denuncia il nostro essere dissociati, un connotato che non è tipico di un popolo che si definisce unito, ma che è a pieno titolo uno dei nostri maggiori difetti da sempre.
Essere dissociati porta ad un’altra pecca, l’indifferenza. Due parole che insieme, riferite ad una comunità nazionale sono aberranti, ma che devono farci riflettere.
Probabilmente non basta una poesia per riaccendere il nostro senso civico, ma leggere quello che realmente siamo, quello che scegliamo di essere ogni giorno è un campanello d’allarme, che suona ormai da troppo tempo per non più essere ascoltato.