Nel panorama dell’avanguardia artistica della West Coast americana, la californiana Rebecca Solnit è una delle voci più intense ed animate. Non solo. La sua attività di scrittrice, giornalista ed attivista per i diritti dell’uomo e dell’ambiente ne fanno una delle eredi morali di Susan Sontag, altra icona di una cultura rivoluzionaria statunitense.
Nata l’11 Giugno del 1961, intraprese la sua carriera nel mondo dell’arte e del giornalismo durante gli anni del liceo e quando si iscrisse al College ebbe l’opportunità di perfezionare i suoi studi a Parigi. A soli 23 anni conseguì un master in giornalismo presso l’Università della California. La passione per l’arte figurativa, la fotografia, i paesaggi ben presto si tradusse nell’esigenza di raccontare e descrivere il mondo in maniera sempre più critica e con un atteggiamento sociologico. Della sua profonda conoscenza della letteratura americana ed europea ha saputo fare uno strumento di comunicazione in molti dei suoi libri e saggi. Al 1988 risalgono le prime pubblicazioni da scrittrice indipendente ed attorno alla sua persona, la Solnit ha richiamato l’attenzione dei media mondiali soprattutto con la pubblicazione delle sue più celebri e premiate opere: “Storia del Camminare” del 2002, “Speranza nel Buio” pubblicato in Italia dalla Fandango nel 2005 e “Un paradiso all’ inferno”, del 2009.
Una scrittura misurata ma gradevole, un intuito ed una capacità di scrivere di politica, tecnica e società senza per questo cedere ad un retorico didascalismo, permettono a Rebecca Solnit di conquistare un pubblico sempre più vasto dall’America, all’Europa sino all’Asia dove dopo gli ultimi disastri naturali del XX e XI secolo si scopre sempre di più l’importanza della salvaguardia dell’ambiente.
Come risposta a quanti le chiedono chi siano stati i suoi punti di riferimento intellettuali (interessante questa recente intervista pubblicata sul Columbia Journalism Review), oltre alla citata Susan Sontag, tra i suoi modelli figurano il saggista John Berger, Pauline Kael, ed ancora Borges, Virginia Woolf, Walter Benjamin e tanti altri che spesso cita direttamente nel suoi lavori, quasi a volerli porre come insegnanti alla cattedra.
Uno dei principali interessi di Rebecca Solnit è condividere il mondo e come scrive in “Storia del camminare”, “la condivisione del mondo si fa in cammino”. In questo libro, che è una riflessione filosofica sul tema del mettersi in strada per aprire la propria mente e condividerla con l’umanità, il racconto dei grandi della storia o della letteratura ma anche di esperienze comuni di andare per le strade “sono racconti di coloro che le hanno percorse prima e seguirle significa seguire persone che non ci sono più”.
In speranza nel buio la scrittrice analizza venti anni di cambiamenti climatici, di trasformazioni politiche ed economico-finanziarie di paesi come l’Ex Unione Sovietica, il Sud Africa prima e dopo la guida di Nelson Mandela fino a giungere alla guerra in Afghanistan. Una vera e propria “guida per cambiare il mondo” la chiosa riportata nel libro che è anche la proposta di “una nuova visione del modo in cui avvengono le trasformazioni, tenendo conto di alcune delle vittorie che vengono sottovalutate abbandonando i presupposti che impediscono a molti di far sentire la propria voce nel mondo”.(Speranza nel buio, cit.)
Sempre attiva e presente in tutti i dibattiti che seguono disastri umanitari e naturali, guerre o scandali politici, Rebecca Solnit ha al suo attivo decine di pubblicazioni e di saggi attraverso i quali la lente della letteratura scopre i difetti di una umanità che per contrappasso scopre se stessa solo dopo un disastro. “Per questo i disastri si presentano spesso come se una rivoluzione avesse già avuto luogo” (Un paradiso all’inferno, cit,pp 416).