«Ci sono dei visi di santi; usati soltanto dalla passione del lavoro. Guardano con occhi senza malizia, le iridi chiare della montagna dove la lotta è con l’elemento, non con l’uomo. Non sono scettici loro; sono forti: quello che credono lo potranno operare. […] Mi sforzo di mettermi al loro livello, di farmi le loro vere obiezioni. Ma ecco scopro che salgo di livello io, che proprio io divento più vero»
Piero Jahier nacque a Genova nel 1884 da una famiglia protestante; dopo aver terminato gli studi liceali si traferì a Firenze, dove studiò Teologia e dove iniziò a lavorare presso le Ferrovie dello Stato. Dopo la morte per suicidio del padre, egli fu costretto a mantenere la propria famiglia, composta dalla madre e dai cinque fratelli, poiché versava in ristrettezze economiche.
Nonostante ciò, ben presto Jahier riuscì ad inserirsi nell’ambiente intellettuale fiorentino che lo circondava: in seguito all’incontro con Giuseppe Prezzolini, nel 1909 collaborò alla Voce con lo pseudonimo di Gino Bianchi e nel 1911 divenne responsabile della Libreria della Voce.
La sua attività di scrittore fu concentrata in questi anni e in quelli della prima guerra mondiale, a cui partecipò come volontario e come ufficiale degli Alpini: da quest’esperienza Jahier derivò un fortissimo senso della solidarietà collettiva e del valore educativo, generato dalla vita in comune nell’esercito. Nel 1915 l’autore pubblicò Resultanze in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi, un’opera che si configura come una vera e propria satira della burocrazia; in Ragazzo (1919), invece, l’autore descrive il disagio di un adolescente alla continua ricerca di un modello morale. Con me e con gli alpini (1919) rappresenta invece l’opera di memoria della guerra, in cui lo scrittore delinea una vera e propria “ideologia alpina”, basata sull’ importanza dei valori veicolati dalla vita contadina e sui sentimenti autenticamente democratici degli Alpini. Queste opere sono la testimonianza dell’interesse sempre dimostrato da parte di Jahier per la quotidianità della vita contadina e piccolo-borghese: essa costituisce il nucleo delle Poesie, pubblicate tra 1912 e 1915, in cui preponderante è il modello di Whitman e dei poeti francesi contemporanei.
Nel 1918 lo scrittore curò la pubblicazione del giornale di trincea, l’Asiatico, e, successivamente, di quello di educazione popolare, Il Nuovo Contadino. Nel dopoguerra Jahier accentuò ulteriormente le sue posizioni democratiche, approdandoall’antifascismo; inoltre, dopo aver abbandonato l’attività letteraria, egli limitò il proprio lavoro a quello di traduttore. Dopo aver partecipato alla Resistenza, Jahier trascorse gli ultimi anni a risistemare le proprie opere, pubblicate in un unico volume nel 1964. Lo scrittore morì a Firenze nel 1966.
Nei suoi scritti, l’autore mescola verso e prosa, generando una serie di partiture ritmiche in grado di esprimere episodi della realtà cittadina e popolare, con protagonisti uomini comuni. Caratteristica dello stile di Jahier è infatti una continua ricerca linguistica, per cui egli tenta riprodurre costantemente le forme linguistiche del mondo moderno, tanto da utilizzare anche soluzioni grafiche. Alla modernità veicolata dal linguaggio si oppone il valore morale della vita comune dei contadini e dei personaggi spesso indifesi; la moralità appare quindi insita nella poetica dello scrittore, una poetica che si rifà alla vita quotidiana e agli affetti domestici.