Che Haruki Murakami amasse il jazz, o meglio, che il pensiero del jazz si intrufolasse come un’ossessione amorosa tra le righe dei suoi romanzi, questo era già noto. Chiunque abbia mai avuto il privilegio di immergersi tra le pagine delle sue surreali, malinconiche, storie, infatti, è stato trasportato dal fiume in piena dei suoi ricordi musicali. Una presenza concreta, che si inserisce in un modo del tutto originale tra le immagini astratte dei suoi racconti. E sembra essere proprio questa inedita commistione di generi apparentemente lontani, a segnare la grandezza di Murakami. Un autore quasi incorporeo, che ama viaggiare tra le linee del tempo e dello spazio, e che sempre dipinge le scene dei suoi romanzi di colori inaspettati, dolci e oscuri, luminosi e spiazzanti, vestiti a pennello delle note che risuonano alle spalle dei suoi protagonisti.
Così, sembrava quasi una scelta dovuta regalare ai lettori un diario delle sue musiche preferite. Cinquantacinque dischi da cui si scorge l’esperienza come gestore di un club jazz. Canzoni le cui note risuonano pagina dopo pagina, tra ricordi che sembrano incrociare gli stessi destini delle voci raccontate. E l’abilità di Murakami si riconosce, appunto, nella sua capacità di ricreare l’intimità che lega l’anima alla musica, attraverso uno sguardo caldo, avvolgente, a volte doloroso. Ancora una volta ci ritroviamo in bilico sulla linea del tempo, catapultati in un club dei primi del Novecento, ad assaporare l’incredibile variazione musicale di artisti Afro-Americani come Duke Ellington, Louis Armstrong, Miles Davis. E l’esperienza suggestiva di questa concreta musicalità, che sembra prendere forma propria, è resa ancora più immediata e forte dalla presenza dei ritratti dei musicisti ad opera di Wada Makoto. Pare sia stata proprio la personale tenuta dall’artista nel ’92, intitolata per l’appunto Jazz, ad aver suggerito a Murakami l’idea di una raccolta, a testimonianza di come le arti siano in realtà una dimensione interconnessa, le cui sorti sono destinate ad incrociarsi, a sorreggersi a vicenda.
Una raccolta a metà tra enciclopedia, biografia e racconto, in cui Murakami svela come la sua vita si sia spesso confusa con le vite dei musicisti che descrive. Da Chet Baker, la cui mancanza di profondità “assomiglia a qualcosa di cui abbiamo fatto esperienza. Vi assomiglia terribilmente”, passando per Billi Holiday, sulla quale confessa, “prende su di sé in blocco tutti gli sbagli che ho commesso fino ad oggi, tutte le ferite che ho inferto finora a tante persone attraverso quello che creo, cioè attraverso la scrittura: e mi perdona.”. Un carnet di musicisti e note da scoprire, una lettura che unisce i diversi piaceri delle arti. Esperienza resa ancora più immediata grazie al board di Pinterest messo a disposizione da Einaudi….buona lettura, e buon ascolto!