Quanto ci piace entrare in una libreria e passeggiare tra scaffali alla ricerca di quello giusto?
Quanto ci riempie la sensazione di aver acquistato il libro che più risponde alle esigenze e alle curiosità di quel momento?
Abbiamo la sensazione che quella storia sia giunta lì proprio per noi, dimenticando, o meglio, ignorando spesso il percorso che quel racconto, saggio o romanzo che sia, ha dovuto affrontare prima di accomodarsi su quello scaffale.
È qui che entra in gioco la figura dell’editore: un’attività culturale che si occupa della cura di produzioni artistico-letterarie, fungendo da tramite tra lo scrittore e il lettore, che usufruisce del prodotto finale.
L’editoria italiana ha incontrato la sua “rivoluzione” nel secondo dopoguerra, quando un’attività quasi unicamente artigianale è stata sostituita da un impianto nuovo e stampo industriale.
Il secondo dopoguerra è stato il periodo in cui le grandi case editrici italiane hanno trovato la loro fortuna, e in una di queste, la Giulio Einaudi Editore, ha iniziato la sua carriera Roberto Cerati.
I suoi silenzi sono leggendari, come la divisa che indossa da decenni, pantaloni antracite e polo nera. Conventuale nei modi e nella concezione del lavoro, Roberto Cerati è l’inventore del ‘pubblico Einaudi’. Un mito per i librai e per le persone che sanno. Cominciò a Milano, nel 1945, per caso.
Così lo descrive la Einaudi Editore, e si è soliti dire per “caso” perché il giorno in cui Cerati incontrò Giulio Einaudi per la prima volta, accompagnava un amico che presentava dei lavori di Pavese alla casa editrice. Da lì in poi nacque quello che è stato un grande connubio professionale durato mezzo secolo e che ha segnato le esperienze di moltissimi scrittori e di milioni di lettori.
Oggi il mondo dell’editoria italiana è in lutto per la morte di questo grande uomo di cultura che ha segnato un’epoca fondamentale per l’editoria.
Nella sua carriera da semplice venditore di libri è passato presto a essere direttore commerciale della Einaudi Editore, lavorando fianco a fianco con Giulio Einaudi, dal quale nel 1999 aveva ereditato il ruolo di Presidente della casa editrice dello Struzzo.
Aveva 90 anni e con lui l’editoria ha incontrato un difensore del libro come arma di cultura, il suo lavoro ha conferito per mezzo secolo alla figura dell’editore un ruolo morale e di insegnante.
Ernesto Ferrero, attuale Direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino, parla di lui come di una “figura leggendaria dell’editoria italiana e del libro in generale”. Di lui Ferrero parla come di un alfiere al totale servizio del lettore, un compito che era prima di tutto una passione. Per questo oggi vogliamo ricordarlo con una delle sue affermazioni, che è anche l’augurio di coloro che amano le lettere:
“Sono solito ripetere un pensiero di Stendhal: è una vera felicità fare il mestiere della propria passione.
Per me è andata così!”