Elsa si dondolava sulla sedia, sotto il patio, i capelli grigi appena schiariti dalla luce del tramonto. Non pensava a niente se non al fatto che in quel momento avrebbe voluto essere proprio lì, in nessun altro posto. Sentì squillare il telefono ma non si alzò, continuò a dondolarsi. Non poteva essere niente di urgente, il sole che stava calando dolcemente non lasciava presagire niente di preoccupante.E il silenzio in cui erano immerse le colline glielo garantiva.
Elsa chiuse gli occhi come per continuare a godersi quella quiete nel sonno. Sul volto, adesso, non si scorgevano i segni della sua vecchiaia. Sorrise, pensando a quanto fosse piacevole dondolarsi sulla poltrona di vimini sotto il patio coperto di gardenie, alla fine della giornata, quando i rumori scompaiono insieme alla luce. Squillò di nuovo il telefono. Elsa bloccò con difficoltà il dondolio della sedia, un tremito di paura le attraversò il corpo indolenzito. Si alzò e si trascinò lentamente verso la porta a vetri che portava in soggiorno. Lo squillo del telefono rimbombava nella stanza.
Elsa non riuscì a rispondere, arrivò alla cornetta troppo tardi.Dopo l’operazione all’anca camminava piano, appoggiata al bastone di bambù. Si toccò le labbra assottigliate dall’età, come faceva quando si impensieriva; nella sua espressione non c’era più traccia del piacere che aveva provato prima, sotto il patio, mentre si dondolava.
Fuori il sole si era ormai nascosto dietro le pendici della collina. Qualche lucciola illuminava appena la campagna. Elsa sospirò e sorretta dal suo bastone si diresse verso il patio. Voleva uscire da quel soggiorno solitario e denso di ricordi. Squillò di nuovo il telefono. Iniziò a preoccuparsi, doveva trattarsi di qualcosa di urgente, di molto urgente, il suono del telefono aveva in sé qualcosa di apprensivo di inquietante. Elsa poggiò una mano sul cuore: pulsava forte come quando aveva paura. Fermò il suo passo lento e osservò il suo volto nello specchio: aveva lo sguardo stanco e lo chignon scompigliato. Avrebbe dovuto pensare di più a se stessa, ma non aveva mai il tempo né la voglia.
Il telefono riprese a squillare. Elsa fissò l’apparecchio nero che risuonava nella stanza e poi guardò fuori. La sedia dondolava mossa da un vento caldo.
Elsa si accarezzò l’anca che iniziava a fargli male. Forse era il caso di andare a letto, dopo aver risposto a telefono. Forse era meglio chiamare sua figlia, i suoi nipoti. Forse qualcuno aveva bisogno del suo aiuto.
Ma era tardi, era ormai sera. E Elsa aveva scoperto quanto fosse bello dondolarsi sul patio al tramonto, quando la campagna è immersa nella quiete .
Il telefono continuò a squillare. Elsa si sistemò lo chignon e camminò lentamente verso il patio.