C’era una volta una scrittrice inglese che aveva la capacità di trattare qualsiasi argomento con uno straordinario miscuglio d’ironia, umorismo, sarcasmo, cinismo, che sapeva riconoscere forze e debolezze dell’animo umano e presentarle attraverso le più svariate caratterizzazioni, dando volto e anima a personaggi indimenticabili.
Aveva un dono particolare questa scrittrice: non edulcorava nulla. Tuttavia, non poteva immaginare che, nell’era del digitale, la sua immortalità sarebbe passata non solo attraverso la digitalizzazione delle sue opere ma anche della sua stessa immagine che, come spesso accade oggi, sarebbe stata addolcita e, senza volerlo, non avrebbe potuto sottrarsi alla logica del mercato che richiede immagini perfette e patinate, come quelle di una qualunque modella di Vogue.
Hai voglia Mrs Bennet a cercare l’abito adatto o l’acconciatura perfetta per le sue cinque figlie, al solo scopo di accalappiare il classico buon partito, con almeno 4 o 5mila sterline di rendita l’anno! Ora basterebbe inviargli un bel ritratto ritoccato con Photoshop e via. Questo sempre se Mr Bennet non fosse così noioso e si decidesse a recarsi immediatamente a Netherfield per fare visita a Mr Bingley e, soprattutto, dimostrasse di avere pietà per i suoi poveri nervi!
Nel 2017, in occasione del bicentenario della morte di Jane Austen, nata a Steventon il 16 dicembre 1775 e morta a Winchester il 18 luglio 1817, sulla banconota da 10 sterline apparirà la sua effige. Sostituirà quella di Charles Darwin e se da un lato fa piacere sapere che un’altra donna, famosa quanto la Regina ma di certo più amata, sarà celebrata in questo modo, dall’altro tutta la storia che c’è dietro, in se stessa, fa abbastanza sorridere.
In primo luogo perché nemmeno la fantasia più fervida di Jane avrebbe potuto immaginare che, un giorno, il padre dell’evoluzione della specie sarebbe stato scalzato da una donnicciola che, rimasta zitella e non avendo mai prolificato, all’apparenza, sembrerebbe saperne meno di lui sull’argomento. Ma la realtà è che, a dispetto di tutto e tutti, la Austen ha contribuito, forse solo al pari di Shakespeare, a ricostruire pregi e difetti dell’animo umano, in un ventaglio di tipi che ancora oggi abitano la nostra fantasia, e che hanno determinato un arricchimento e un’evoluzione unici nella costruzione dei personaggi e delle loro storie nella letteratura inglese e non solo.
In secondo luogo perché la decisione di dedicare una banconota a Jane Austen è stata la conseguenza dell’eliminazione dell’immagine di Elisabeth Fry – nota per aver contribuito a riformare le carceri inglesi nell’Ottocento – dalle banconote da 5 sterline per sostituirla con quella di Winston Chirchill che aveva generato numerose polemiche chiamando in causa leggi contro la discriminazione sessuale e strumenti di petizione on line. Neanche questa svolta femminista, pur con tutta la sua perspicacia, Jane l’avrebbe potuta prevedere.
Da ultimo, last but not least, perché l’immagine scelta per la banconota e presentata dal governatore della Banca d’Inghilterra a luglio di quest’anno poco o niente ha a che fare con l’immagine della scrittrice inglese ed è proprio su questo argomento che si sono scatenati i suoi più appassionati sostenitori. Prima fra tutti Paula Byrne autrice di Jane Austen and the Theatre (2002) e della più recente biografia The Real Jane Austen: A Life in Small Things (2013) da sempre interessata alla ricerca e alla ricostruzione del vero volto della scrittrice, la quale ha palesato, senza mezzi termini, il suo sdegno di fronte ad un’immagine troppo Vittoriana e addolcita, sospettosamente ritoccata con Photoshop, che fa sembrare la più ironica scrittrice inglese come una stupida. L’immagine contestata, tuttavia, è stata approvata e considerata “la più ovvia” dalla Jane Austen Society e dal Jane Austen’s House Museum.
A complicare la questione è arrivata, di recente, la decisione di mettere all’asta da Sotheby’s, il prossimo 10 dicembre, il ritratto ad acquerello di Jane, commissionato da un nipote, molto vicino alla scrittrice, e cioè il parroco James Edward Austen-Leigh, e realizzato dal pittore James Andrews nel 1869, a più di cinquant’anni dalla sua morte. Il ritratto – mostrato raramente al pubblico ma conosciuto in tutto il mondo e riconosciuto come l’immagine più fedele della scrittrice, anche all’epoca in cui fu realizzato – apparve sulla prima biografia della Austen ed è basato, oltre che sui ricordi della zia da parte del nipote, anche e soprattutto sullo schizzo a matita dalla sorella Cassandra, conservato alla National Potrait Gallery di Londra. È il ritratto sulla base del quale è stata realizzata l’effige per la banconota.
Non ci vuole un esperto d’arte né di fisiognomica per capire che tra l’acquerello e la banconota c’è una differenza abissale.
Chissà cosa ne avrebbe detto la diretta interessata, la quale si accontentava di quel “pezzettino di avorio largo due pollici” su cui lavorare col più fine dei pennelli.
Forse non aveva grandi occhi da bambola come nella banconota da 10 sterline ma aveva una grande capacità di osservazione e sapeva guardare tutto un universo dal suo microcosmo.
Forse non sorrideva così amabilmente come nella recente effige ma i dialoghi usciti dalla sua penna hanno divertito e divertono ancora milioni di lettori.
Forse non aveva il viso tondo e rassicurante ma la spigolosità dei suoi lineamenti era pari all’arguzia e alla sagacia del suo spirito.
Le polemiche, sicuramente, non si placheranno nemmeno tra qualche settimana quando, partendo da una base d’asta stimata tra le 150mila e le 200mila sterline, qualcuno si aggiudicherà l’ambito ritratto. A noi comuni mortali, a quel punto, non resterà che accontentarci di quell’immagine edulcorata che, certamente, non le rende giustizia e che appare quanto mai sintomatica della dissennatezza e dell’insensibilità dell’era digitale che vuole che anche il volto di una scrittrice sia perfetto e patinato per essere al passo coi tempi, un po’ com’è stato fatto al cinema con Becaming Jane – Il ritratto di una donna contro (2007) con la bella Anne Hathaway e nel film per la televisione Miss Austen Regrets (2008) con una una più dimessa, forse solo per un fatto anagrafico, Olivia Williams.
E noi “puristi austeniani”, e qui mi si passi la definizione, non consola neppure il fatto che la banconota, oltre alle immagini delle sue penne, del suo tavolo di scrittura al Chatwon Cottage e della casa del fratello di Godmersham Park, che pare abbia ispirato tanti suoi romanzi, riporti un frase che, pur essendo uscita dalla sua penna è detta da uno dei suoi personaggi e non sembra appartenerle più di tanto. “I declare after all there is no enjoyment like reading.” (Orgoglio e Pregiudizio)
Forse, come ha osservato qualcuno, una frase ironica sul denaro, scritta dalla stessa Jane Austen in ciò che rimane del carteggio con la sorella Cassandra, sarebbe stata più appropriata.
Nei suoi romanzi, in fondo, il denaro non ha sempre avuto un certo rilievo, nel bene e nel male? E sulle famose 10mila sterline di rendita l’anno di Mr Darcy chi è che non ha mai fantasticato? Nessuno si sarebbe scandalizzato nel leggere su una banconota da 10 sterline, che di questi tempi non sono poi questa grande fortuna, una frase di questo genere: “A large income is the best recipe for happiness I ever heard of.” (Mansfield Park)
Non è questione di orgoglio e nemmeno di pregiudizio ma solo di senno e sensibilità.
Jane Austen, ne sono certa, avrebbe gradito. E forse quel sorriso in più, anche senza l’aiuto di Photoshop, gliel’avremmo strappato lo stesso.