De Amicis nacque ad Oneglia nel 1846, tra gli scrittori di linea cosiddetta “manzoniana” (termine alquanto controverso per la critica letteraria), fu il più vicino al pubblico piccolo-borghese dell’Italia umbertina, ampiamente riconosciutasi nei suoi ideali e nella sua sensibilità artistica.
De Amicis fu autore estremamente prolifico, e nonostante sia considerato oggi una penna dalla vena troppo superficiale e in alcuni casi asservita alle “mode idealistiche” contemporanee, la quantità del suo lavoro conserva ancora oggi una carica culturale molto particolare.
Definito da alcuni “artigiano dello scrivere” per la sua attenzione formale e scevra da grandi slanci artistici, fu profondo conoscitore del mondo militare (si ricordino i suoi Bozzeti di vita militare), mentre le sue impressioni di viaggiatore focalizzato sul paesaggio, sul folklore e sul costume sono fissate in scritti come Spagna, Olanda, Ricordi di Parigi, Ricordi di Londra, Marocco, Costantinopoli. Egli toccò poi temi sociali come quello dell’emigrazione (Sull’Oceano), la psicologia e le abitudini della persone comuni (Gli amici, la Carrozza di tutti), la vita scolastica (il celeberrimo Cuore, ma anche Il romanzo di un maestro, La mestrina degli operai).
Ma De Amicis non fu solo superficialità e asservimento, anzi, a guardar bene in queste opere è possibile scovare qualità più uniche che rare legate ad una più colorita e forte evidenza descrittiva, accompagnata da spiccato intuito psicologico, prontezza e padronanza della lingua, nonché un essenziale didascalismo tanto caro al pubblico borghese a cui si rivolgeva.
Volendoci soffermare sugli aspetti che scatenarono la polemica in campo letterario, tanto da guadagnarsi l’appellativo carducciano di “Edmondo dei languori”, sovente nelle opere dell’autore troviamo una propensione piuttosto sviluppata al sentimentalismo strappalacrime, nata tuttavia da un sincero amore nei confronti della realtà didattica delle scuole elementari e della vita condotta da allievi e maestri dell’epoca, immersi in uno scenario quotidiano fortemente contrastante con qualsivoglia concetto di sviluppo culturale e sociale, pure osteggiato dalla stessa ottusa impostazione di alcuni funzionari pubblici preposti all’organizzazione del tessuto pedagogico nazionale.
Si potrà capire allora per quale motivo la critica moderna oggi tenda a salvare per lo più le pagine improntate al più diretto ed asciutto descrittivismo ambientale, o al massimo al garbato umorismo manzoniano.
L’educazione d’un popolo si giudica innanzi tutto dal contegno ch’egli tien per la strada.
Ciò che accade oggi con questo autore è una sorta di recupero dell’abilità “artigianale” racchiusa nell’elaborazione di bozzetti caricaturali e veri e propri “fondali” su cui si stagliano figure estremamente difficili da classificare come tridimensionali per un lettore abituato ad opere più spiccatamente inerenti alle sfaccettature del mondo reale.
Verso la fine della sua esistenza tentò di portare a termine Il primo maggio, un romanzo teso a celebrare l’ascesa del proletariato, ma il suo respiro corto gli fece avvertire tutta la difficoltà sottesa a questo obbiettivo, portandolo a rinunciarvi. Egli rimase così, di fatto, l’autore sdolcinato del libro Cuore.