Non sono io in queste poesie, benché le abbia scritte.
Non sono io in questi lamenti, benché li abbia emessi.
La mia vita vera, l’ho respirata appena.
Poiché io vivo perfino se la poesia muore. Io vivo perfino se la pena scompare.
C’è in me una calma quiete, ma anche una mia vastità.
Io lascio anche altri esprimersi per me.
Ed io stesso esprimo altri stessi.
Né m’importa d’essere uomo, se sono riuscito divinamente a manifestare altri.
Oh io! oh io! io sono più piccolo e più grande di me.
Oh io! oh io! il mio io secondo e terzo.
Io non sogno la felicità. Ma della felicità non diffido.
Guarda questa mia diade e triade: c’è in me buio,
ma c’è anche serenità
e la mia stupenda armonia.
Tin Ujevic
La nostra vita è un assaggio della vita stessa.
Tin Ujevic è stato un importante poeta croato della prima metà del ‘900. Le sue poesie riflettono il suo male di vivere; veicolano infatti l’angoscia e il turbamento di un uomo che assiste impotente al disfacimento del mondo.
In questi versi il poeta parla di se stesso e fa un’ ammonizione ai suoi lettori. Non è possibile ricostruire l’identità dell’uomo attraverso quella del poeta. In maniera quasi Pirandelliana, si esprime qui un concetto della vita che sfugge ad una definizione compiuta. L’uomo che riusciamo a percepire tra le righe non è reale, o meglio, probabilmente esprime soltanto una piccolissima parte di sè, proprio perché la poesia rappresenta un universo infinitamente piccolo e concluso rispetto alla vastità che l’uomo sente di possedere.
Versi particolarmente incisivi sono quelli che parlano della possibilità di esprimere gli altri in se stessi e viceversa. Ognuno trova il prolungamento di se stesso negli altri e nel contempo riesce a contenere gli altri dentro.
Nessuno e tutti gli altri e in queste infinite possibilità l’uomo può vivere altrettante condizioni e stati d’animo. Non c’è un uomo felice e un altro angosciato, ma tutti siamo tutto e niente nello stesso momento.
Versi dunque che permettono di indagare, quasi di filosofare sull’esperienza della vita umana. Spesso siamo afflitti da che cosa siamo ora e in tale luogo. In realtà le risposte a queste domande ci sfuggono, forse non ci apparterranno mai. Sentiamo dentro un mormorio di voci e vediamo un’immensa varietà di colori. La nostra esistenza, così come possiamo intuire da questa poesia, è una linea immaginaria che ascolta tutte quelle voci e si tinge di tutti quei colori, pur non essendo nessuna di quelle voci o di quei colori.
Le caselle del tutto o del per sempre sono solo illusioni della nostra mente.