L’Afghanistan che avevo tanto sognato era ostile – ostili le pietre, il clima, le strade, la gente. Ostili gli animali …Erano ostili i suoni. Erano ostili gli odori …Erano ostili i colori. L’Afghanistan – o almeno, quella porzione minima che mi era stata data – conosceva solo i colori primari. Prevaleva un giallo monotono e triste… Era gialla la sabbia, le colline, le montagne, spesso anche il cielo. Gialla la mia mimetica, gialli come il deserto i veicoli blindati, i cingolanti, giallo chiarissimo l’elmetto, gialli gli scarponcini, gialla la mia pelle verniciata di polvere. Il paese ostentava un’estraneità lunare – tutto sembrava corroso dal tempo, come se niente vi potesse durare, e la consunzione, la disgregazione di ogni cosa fosse la sola realtà possibile.
Dopo La lunga attesa dell’angelo (2008) e prima di Sei come sei (2013), Melania G. Mazzucco è tornata a scrivere un romanzo contemporaneo, dove la ricerca minuziosa e talvolta maniacale dei dettagli, non appanna la freschezza di una scrittura di grande impatto visivo e poetico, dove le atmosfere esterne sono narrate con estremo calligrafismo ma quelle interne, umorali e dell’anima, s’affacciano sulla scena prepotentemente e spesso la dominano, con veloci pennellate di scrittura.
È la storia di un percorso interiore e di memoria, all’interno di un territorio sconosciuto, dove approdano i sopravvissuti, costretti a ricordare per sé e per gli altri; a confrontarsi col passato, così ossessivamente vivo; con il presente, grigio e fermo e col futuro, anche quando non lo si riesce a percepire o lo si crede ormai impossibile.
Il maresciallo Manuela Paris, torna a Ladispoli, sua città d’origine, il giorno di Natale. È un ammasso di ossa frantumate tenute insieme da placche di metallo ed una scheggia che si è fermata ad un centimetro dal cervello. Manuela non è un eroe, non lo sarà mai: non ha protetto i suoi uomini e si è salvata per una pura coincidenza. Non vuole medaglie, non vuole onori. Riconosce solo la legge dell’Esercito, quella che ha sposato tanti anni fa, quando sognava le eroine dei cartoni animati e le amazzoni per sfuggire ad un’adolescenza di ribellione e d’insoddisfazione in un nucleo familiare disattento e sgretolato. Ha trovato un’altra famiglia nell’Esercito. Ha trovato i suoi fratelli ed “epigoni”, come ama definirli. Patria, onore, coraggio, disciplina sono diventati i comandamenti della sua nuova religione e le parole dentro cui ha incasellato la sua vita per poter essere se stessa o per poter sfuggire a se stessa.
Ora Manuela Paris deve rimettere insieme il soldato e la persona, il corpo e l’anima, pezzo per pezzo.
L’incontro con il misterioso ospite dell’Hotel Bellavista, sblocca qualcosa: dalla compresione e dall’amore per le ferite del corpo nascono l’amore e la comprensione per le ferite dell’anima. E viceversa.
Profondo è il solco creato da un personaggio indagato accuratamente ed intensamente in tutti gli aspetti, consentendo di affrontare una variegata serie di temi: dalla difficoltà di diventare donna soldato, all’accettazione in un contesto maschile e maschilista, fino al riconoscimento delle sue qualità e del suo valore; al lungo e sofferto percorso di accettazione di sè come persona e come donna; al tema della malattia e della cura del corpo e dell’anima; a quello della guerra e delle missioni di pace, della loro necessità ed opportunità; al tema del viaggio in un Afghanistan, duro e dilaniato ma allo stesso tempo colorato e poetico, che si fa fatica a togliersi dagli occhi e dal cuore.
Non è un caso che il romanzo, dopo aver vinto il Premio Elsa Morante per la narrativa nel 2012, abbia vinto di recente il Premio Giacomo Matteotti per la sezione opere letterarie e teatrali e presto diventerà un film per la regia di Daniele Vicari.
Melania G. Mazzucco viaggia in Afghanistan per sé stessa e per noi (così come aveva fatto con Annemarie Schwarzenbach in Lei così amata (2000) e ci porta nel Limbo che ognuno, per ragioni diverse, si trova a percorrere nella sua vita e dentro se stesso, addentrandosi con la sua scrittura formidabile e ricca, emozionante e vera, quella scrittura che l’ha consacrata da tempo come una delle penne più felici della letteratura italiana contemporanea, prim’ancora del riconoscimento di Vita (Premio Strega 2003).