L’esistenza travagliata di Elsa Morante si snoda attraverso un’infanzia difficile e una vita familiare ancor più sofferta, unita alla sua indole passionale.
Nata a Roma il 18 agosto 1912 da madre ebrea, Irma Poggibonsi, e Francesco Lo Monaco, si ritrovò come padre anagrafico Augusto Morante, l’istitutore di un riformatorio minorile. Non appena divenne maggiorenne, decise di andare via da casa e di iniziare la sua collaborazione con riviste e giornali (tra questi il “Corriere dei piccoli” e “Oggi”), ma già nel 1936 incontrò Alberto Moravia, con cui si sposò nel 1941 alternando intensi momenti di trasporto con periodi di doloroso distacco ed isolamento.
Il rapporto successivo con Bill Morrow, invece, ebbe soltanto curve decisamente negative: lo conobbe durante un viaggio negli USA nel 1959, ma morì poco dopo nel 1961, anno particolarmente tragico per Elsa, che si separò da Moravia. I guai però non erano ancora finiti: una serie di relazioni effimere, fughe e viaggi nati dall’ossessione per la perdita della giovinezza e per il rapporto inquieto con il mondo contemporaneo l’attendevano fino alla fine dei suoi giorni (si veda la testimonianza tenuta del 1965, Pro e contro la bomba atomica).
Nell’ultima fase della sua vita, Elsa Morante si chiuse sempre di più nel suo pessimismo, acuito dal terrore per la vecchiaia, fino a giungere al tentativo di suicidio nell’aprile del 1983 e alla morte sopraggiunta a causa di un infarto il 25 novembre 1985.
Scrittrice precoce, inizialmente di favole per bambini e poi impiegata nella stampa periodica, ebbe le sue iniziali ispirazioni grazie alle sue letture di letteratura francese e russa dell’Ottocento, nonché di fiabe nordiche, di epica classica e cavalleresca.
Dopo il primo libro di racconti Il gioco segreto (1941), venne il romanzo Menzogna e sortilegio (1948) vincitore del premio “Viareggio”; seguirono poi i celebri romanzi L’isola di Arturo, premio “Strega” nel 1957, e La Storia (1974), fortemente criticato dalla stampa di settore.
Il suo ultimo romanzo Aracoeli (1982) porta già i segni del declino creativo di Elsa Morante, devastata dalle preoccupazioni e della inquietudini per la vita (e la morte).
Degni di nota sono anche alcuni dei suoi racconti e la pubblicazione postuma del Diario intitolato Lettere ad Antonio, utile a conoscere ogni anfratto del pensiero della scrittrice.
Ricca di elementi autobiografici, l’opera della Morante è la perfetta trasfigurazione del realismo fuso con un senso del fantastico estremamente originale, resa tangibile dal profondo studio psicologico sotteso ad ogni opera.
L’autrice, che previlegiava i personaggi più semplice (come i bambini) era una ferma sostenitrice della forma del romanzo, convinta che solo in essa ogni scrittore potesse fornire “la propria immagine dell’universo reale”.