Da scrittore a saggista, da critico musicale a regista a conduttore televisivo, da pianista a sceneggiatore. Se non lo si vuole considerare uno dei maggiori esponenti della narrativa italiana contemporanea, bisogna quantomeno ammettere che Alessandro Baricco è una delle personalità più eclettiche e cangianti dei nostri tempi.
Nato e cresciuto a Torino, dove frequenta la facoltà di Filosofia sotto la guida di Gianni Vattimo, esordisce negli ambienti culturali come saggista e critico musicale: il suo primo lavoro, “Il genio in fuga”, fu un libro dedicato al teatro musicale di Rossini. I tempi della popolarità, raggiunta grazie alle conduzioni televisive e radiofoniche, da “Pickwick. Del leggere e dello scrivere” a “L’amore è un dardo”, in onda su Raitre nei primi anni ’90, sono ancora lontani.
L’esordio come scrittore è nel 1992 con “Castelli di rabbia”, cui seguiranno, nel 1993 e nel 1994, “Oceano Mare”, e il testo teatrale “Novecento”, che lo consacrano come uno degli scrittori più amati dal pubblico.
Stroncato invece dalla critica, negli anni Baricco digraderà lentamente verso uno stile meno sofisticato e più profano, sfruttando la sua vena poetico-ermetica nella prosa e rivolgendosi a un pubblico più ampio: negli anni ’90 collabora con “La Stampa” e “La Repubblica” con un rubrica intitolata “Cronache dal Grande Show”, nella quale Baricco ridisegna i confini degli avvenimenti mondani, dalle rappresentazioni teatrali alle partite di tennis, in un’ottica disvelante e disincantata; nel 1998 cura con Gabriele Vacis il programma tv “Totem”, che lo vede impegnato come conduttore/narratore, intento a commentare brani celebri di romanzi.
L’esperienza mediatica spinge sempre più Alessandro Baricco verso il grande pubblico: alla fine degli anni ’90 fonda la scuola Holden, con sede a Torino, rivolta ai giovani aspiranti scrittori; sotteso a tutte le attività che costellano la sua carriera si intravvede il tentativo quasi messianico di indottrinare le masse, di aprire al cosiddetto “volgo” lo scrigno dei segreti della cultura; compito in cui Baricco riesce, a mio avviso, molto meglio a voce (ascoltarlo è ammaliante) che non con in mano una penna.
Accusato di vacuità dai critici letterari (Giulio Ferroni lo ha stroncato in un pamphlet rivolto contro gli scrittori contemporanei, mentre Daniele Luttazzi lo ha apostrofato come “lezioso” giudicandolo un narcisista “in posa”, il cui vero lavoro è “fare corsi di scrittura creativa”), non è stato maggiormente apprezzato nel mondo del cinema, in cui ha fatto ingresso nel 2008 con “Lezione 21”: un esordio alla regia che Paolo Mereghetti, uno dei principali critici cinematografici del Corriere della Sera, ha giudicato “fallimentare”.
Baricco è invece tanto amato dai suoi appassionati fan, che lo considerano uno dei pochi scrittori italiani valevoli, capace di emozionare e di toccare corde nascoste, suscitando emozioni forti e confuse. Che proprio dietro questa nebbia che aleggia sovente sui suoi scritti, sempre impregnati di un alone di mistero che è antidoto alla chiarezza e lascia sempre il lettore a rodersi nel dubbio del “che cosa avrà voluto dire?” si celi il talento di Baricco? Personalmente sposo la tesi di Luttazzi: Baricco lo preferisco in veste di catechizzatore di masse piuttosto che come scrittore. Ma l’ardua sentenza va, come sempre, ai posteri.