Siamo in un’epoca che si perde lontano nel tempo, a cavallo tra l’VIII e il VII secolo prima della nascita di Cristo. È il periodo in cui vive e scrive Esiodo, l’uomo che – tra contorni storici definiti e nebbie favolose – ha letteralmente rivoltato la poesia greca, trasformandola da prodotto collettivo a creazione autonoma di una personalità individuale (seppur ancora nei limiti di una tradizione linguistica e stilistica di stampo omerico).
La Teogonia è l’opera che consegna il nome di Esiodo alla storia della letteratura greca. Letteralmente significa “nascita degli dèi”, “genealogia divina”. Il titolo allude in modo palese all’intento fondamentale del poema, ossia mettere ordine in quell’immensa congerie di miti e di figure divine che costituiscono lo zoccolo duro della religione nell’antica Grecia.
La storia genealogica risulta particolarmente complessa, e si snoda principalmente sulla triplice successione Urano-Kronos-Zeus.
In principio era Chaos, cui si affiancarono successivamente Gaia (Terra) e Eros (Amore). Gaia genera Urano, e si unisce al suo stesso figlio: ne nasce una progenie di esseri, alcuni dei quali mostruosi, come i Ciclopi e i Centimani. Urano però impedisce ai suoi figli di vedere la luce e costringe Gaia a tenerseli in grembo, ma l’ultimo nato, Kronos, evira il padre con una falce: dagli schizzi di sangue sgorgati dalla mutilazione nascono le Erinni, i Giganti e le Ninfe, mentre il membro virile di Urano, finito in mare, genera la schiuma da cui nasce Afrodite. Kronos si unisce a Rea, anch’ella figlia di Urano, ma divora tutti i suoi figli, ben sapendo che un giorno proprio da uno di loro sarà detronizzato; ma in una grotta sperduta Rea partorisce in segreto l’ultimo figlio, Zeus, che si vendica del padre spodestandolo e facendogli vomitare tutti i figli che aveva inghiottito. Una volta conquistato il potere, Zeus lo legittima sconfiggendo in battaglia i nemici Titani. Affermata a questo punto definitivamente la sua signoria sul mondo, Zeus contrae una serie di nozze, fra cui quelle con Saggezza e Giustizia, e da alcune di queste unioni nascono le maggiori divinità olimpiche (Apollo, Artemide, Ares, Dioniso, ecc.).
Evidenti sono risultati agli occhi della critica filologica i nessi tra la Teogonia e più antichi poemi di tradizione orientale, nei quali permane la stessa struttura fondamentale, con il passaggio da uno stato iniziale di disordine (chaos) a uno di ordine (kosmos) attraverso la defenestrazione degli antichi dèi.
I versi conclusivi dell’opera (E ora cantate la stirpe delle donne, o melodiose Muse d’Olimpo) fungono da collante con un’altra opera esiodea, giuntaci in un migliaio di frammenti, in cui si cantavano le donne mortali che, unitesi agli dei, avevano messo alla luce i semidei e gli eroi del mito: il Catalogo delle donne.
È anche grazie a opere come la Teogonia che si è formato l’immaginario del mondo occidentale.