Ci sono alcune cose che trovo davvero irresistibili, la cioccolata al latte ad esempio, o anche assaggiare la neve fresca, e ancora ballare davanti allo specchio quando mi asciugo i capelli e, più di tutto, non posso non acquistare un libro se il titolo è lungo e particolarmente strano. Sì, lo so, non è un valido metodo per scegliere la prossima lettura ma, l’ho detto, è assolutamente più forte di me. Mi sono, utilizzando questo genere di metro, ritrovata tra le mani e sotto gli occhi delle vere schifezze, e quasi quasi mi veniva da dirmi da sola “te l’avevo detto”, nell’apoteosi del fastidio per il mio stesso comportamento compulsivo.Ma stavolta no, stavolta questa ossessione mi ha portato ad altri risultati.
“Nikolaj Nikolaevič: il donatore di sperma (viaggio illuminato all’interno dell’oscuro letamaio della biologia sovietica)” è un libro di Juz Aleskovskij. Pubblicato nel 1970, la sua circolazione fu impedita in Russia e, il piccolo volume, è circolato clandestinamente fino al 1989. Nikolaj Nikolaevič è un borseggiatore, uno scapestrato senza voglia di lavorare che, per una serie di circostanze, legate alla paura e alle frequentazioni della zia, si ritrova a lavorare in un laboratorio e a svolgere un lavoro davvero sui generis: il donatore di sperma. Il suo, infatti, è uno sperma forte e il “donatore” svolgerà la sua mansione con tanto di orari di lavoro e segnale acustico di avvio d’opera. In un regime però anche svolgere una mansione così fuori dagli schemi può essere soggetto ai rovesci d’opinione, e ciò che era turpe diviene lecito o viceversa. A fare da sfondo alla vicenda anche l’amore per una donna frigida, contesa al protagonista da un uomo impotente, e sposata con un uomo forte del regime. Solo sul finale, che si rifà alle più classiche storie di formazione, la trama perde un pelo dell’originalità che la caratterizza tutta.
Ironico, lucido, tagliente, dissacrante, delirante questo piccolissimo volume è una vera chicca, imperdibile secondo me. A partire dal pene in copertina tutto nella lettura è diverso da ciò che ci si aspetta, o sottende in ogni caso una seconda possibile interpretazione. Come spiegato dettagliatamente nella postfazione (che vi consiglio vivamente di non saltare) il turpiloquio di cui è infarcito il libro non è assolutamente fine a se stesso. Rappresenta una scelta stilistica precisa: l’uso di una lingua vera a dispetto di una ufficiale ma artefatta e imposta. Il lavoro del traduttore di questo testo è stato davvero eccezionale, essendo riuscito a conservare e trasmettere, in italiano, il senso dell’uso di un gergo da strada senza inficiare in alcun modo la lettura. Traduzione riuscita tanto che (momento maestrina) al cospetto di due errori responsabilità di non so chi all’interno del libro mi sono autoconvinta di non averli mai visti. L’intuizione dell’uso del tema della masturbazione quale metafora e specchio della società russa e del regime di Stalin è geniale. Il vero russo non si masturba, a differenza dello scellerato occidentale, la ricerca sull’inseminazione artificiale diviene atto rivoluzionario, la repressione (di facciata) necessaria. Le derive degli esperimenti, tra cui la creazione di una nuova razza che viva nello spazio visto il pericolo atomico, paiono allo stesso tempo inverosimili e possibili.
Leggete, leggiamo, e se ti tanto in tanto vi scappa un Fabio Volo pazienza, a me è scappato uno Zafón, e mi sono perdonata e non mi è nemmeno dispiaciuto, non si legge mai abbastanza. Leggere è un piacere che spesso mi figuro vicino alla masturbazione ma che, a differenza di quella, a meno che non siate degli esibizionisti, è solitario. Ma condivisibile. Non vi negate dunque il piacere, nelle forme e tra le pagine che preferite ma, di tanto in tanto, cercate quella rarità che vi consenta un sussulto, come quando a Nikolaj Nikolaevič urlano “orgasmo”. Questo libro è una di quelle rarità, titolo incluso.