“Fare a meno: un’espressione verbale che le piaceva assai. Di quante cose poteva fare a meno! E di quante invece no. E com’era discutibile, personalissima e a volte persino rivoluzionaria l’attribuzione, alle cose, d’irrinunciabilità. Ogni scelta è sempre così arbitraria. Ed è così affascinante scegliere (ad esempio se tornare o non tornare), sporgersi sugli abissi profondi e pericolosi delle proprie scelte”.
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Già, di quante cose scopriamo, nel corso dell’esistenza, di poter fare a meno? Ad altre rinunciamo, imponendocelo, perché ci sentiamo costretti a farlo da forze cui non possiamo resistere, spesso solo interiori: un senso di colpa che ci avvelena, oppure un bisogno di semplificazione, di alleggerimento dalle zavorre che ci portiamo appresso e il cui peso ci diviene intollerabile.
La scelta è arbitrio? Siamo portati a credere nell’equazione scelta = libertà. Ma a volte abbiamo la sensazione che le nostre cosiddette scelte siano, in realtà, solo percorsi per una ragione o per l’altra (a volte per ragioni confuse e contraddittorie) obbligati.
Il libro di Paola Mastrocola da cui è tratta la citazione parla di questo. Di una vita che corre su binari predeterminati, di un deragliamento volontario e di quanto sia difficile deludere le aspettative che chi abita il nostro piccolo mondo ha su di noi. Soprattutto, questo libro ci dice che abbandonare una strada in cui i nostri passi si son fatti pesanti, affaticati, è, a volte, salvifico e possibile.
Rosalia Messina