“Non ne posso più, non ne posso proprio più… ” Andrea pronunciò queste parole che nessuno sentì e decise.
Alcune ore dopo Carola era al suo pc, creò un album di foto su facebook, lo intitolò “quando eravamo giovani” e vi inserì le foto di una gita a Valencia dei tempi del liceo. Taggò uno a uno i suoi ex compagni di classe e attese commenti che non tardarono a venire. Cori di proteste le inondarono il profilo, c’era chi rimosse il segno di riconoscimento, chi si offese, chi la prese a ridere. Solo Andrea non emise nemmeno un tasto, non si indignò nemmeno davanti alla sua foto in mutande in cui brandiva uno scopino per il water. Passarono diversi giorni ma poi qualcuno si rese conto della strana assenza. Dov’era finito Andrea? Lo cercarono in ogni piega del social: sulla sua bacheca, nei messaggi privati, nei commenti alle sue attività. Di lui nessuna traccia. Lo sgomento non tardò a trasformarsi in paura. Era sempre stato un tipo solitario Andrea, chiuso e introverso, ma quel silenzio era davvero troppo. Si mobilitarono tutti. Fu immediatamente creata una pagina facebook in cui i suoi amici chiedevano informazioni, cercavano chi per ultimo avesse avuto contatti con lui. Ancora una volta nulla, era come svanito; alcuni non erano d’accordo su come era condotta la ricerca e, perciò, crearono un nuovo gruppo in cui chiedevano a viva voce e con pressanti proteste che Chi l’ha visto si occupasse del caso.
Gli amici disperati di fronte all’assenza di qualsiasi informazione decisero di allargare il raggio delle ricerche. Con il lancio simultaneo da parte di trenta contatti dell’hashtag #CercasiAndrea entrarono in un baleno nei TT Italia. La notizia si espanse nel giro di 140 caratteri, tutti furono toccati dalla sparizione di un così bel ragazzo la cui foto (con lo scopino) oramai circolava ovunque. Solo i genitori di Andrea parevano disinteressati alla faccenda: non avevano ringraziato nessuno, non avevano cercato nessuno, non avevano emesso nemmeno un tweet. Che uno avesse parenti maleducati non era colpa sua però e quindi quelli che lo amavano continuarono a cercarlo senza posa. Furono presto fagocitati dall’hashtag #Mileyeilsuomartello, ma lo scopo era stato comunque raggiunto.
Non si sarebbero fermati finché Andrea non fosse tornato da loro, anche se la paura che quello strano ragazzo si fosse fatto del male cominciò a serpeggiare al punto che nacque un sito con le sue fotografie il cui dominio era www.ilnostrocaroangelo.it, sebbene da nessuna parte all’interno dello stesso vi era una qualche indicazione di un probabile, quanto non certo, suicidio.
Non risparmiarono le forze: le foto su instagram fioccavano, come i pin su pinterest, qualcuno si occupò di studiare i suoi contatti su linkedin, altri invasero di question answer. Doveva pur essere finito da qualche parte, forse era stato rapito visto il suo incarico di sistemista per il ministro dell’Interno, o magari stanco della pressione si era lanciato nel fiume, o era scappato chissà dove. Ma loro in ogni caso dovevano conoscere la verità. La decisione, dopo quasi 6 giorni dalla scomparsa fu presa, non era più rimandabile, fu incaricata Carola di scrivere una mail alla redazione di Chi l’ha visto. La missiva virtuale era accalorata e triste, trasmetteva l’affetto che la ragazza provava per Andrea, visto i loro trascorsi da compagni di classe, e la risposta della redazione non si fece attendere. Sarebbero stati ospiti in trasmissione, Carola e altri due a sua scelta, e così magari il mistero sarebbe stato risolto; la redazione chiese loro di portare una foto di Andrea in primo piano. Quella con lo scopino era fuori discussione, quelle che Andrea aveva in rete erano o indecenti o ridicole: l’unica cosa da fare era recarsi nel suo appartamento del centro e prenderne da casa sua, sempre che ce ne fosse una adatta. Carola spense il pc, tolse il pigiama, si lavò e si vestì e prese il 138 sbarrato. Arrivata all’appartamento si rese conto di non avere le chiavi ma, di certo, non le avrebbe chieste a quei due mostri dei genitori di Andrea. Intravide la portiera e, con molte lacrime, la convinse ad aprirle la porta. L’appartamento era buio ma, sul divano, intravide una sagoma, non riuscì a trattenere un urlo: aveva forse ritrovato il cadavere del suo amico. Tuttavia, ad udire l’urlo, il cadavere si mosse e la guardò con gli occhi di un vivo, in un misto tra sorpresa e incredulità.
“Carola, oh Dio, quanto tempo… che ci fai qui? Perché sei entrata con le chiavi? Ma che è quella faccia?”
Carola balbettò alcune frasi “Andrea io… noi.. e poi… io ti ho taggato in delle foto, tu non hai commentato e noi… e poi su twitter…”
“Caroletta, vuoi dell’acqua? Ti vedo un po’ confusa. Foto, dici? Mi sono preso una pausa, Carola, tutto il giorno al pc, non ne potevo più, proprio più. Per lavoro, per comunicare, per vivere sempre davanti a quell’aggeggio. Ho preso una settimana di ferie e sono stato a oziare, ozio vero però, ho camminato al sole, ho mangiato, ho riso, ho fatto l’amore. Non mi guardare così, Caroletta, lo so che il computer è solo un mezzo, ma sono stato debole, per vincere io ho dovuto spegnerlo”
“No Andrè, tu non capisci, tu quello che hai detto a me non lo devi dire a nessuno… qua facciamo proprio una figura di merda, devi dire che te n’eri andato, che ti volevi uccidere, dillo Andrea, dillo per favore…”
E Carola si accasciò sul divano, sconvolta dall’idea di quello che avrebbero scritto su di lei, sugli altri, su tutti, le prese in giro, lo scherno, la vergogna. Tutto la inondò. Si prese la testa fra le mani e, quando alzò la testa lo vide, lì sul tavolino davanti a lei: un pc, spento.