L’intento dello scrittore Mauro Corona è quello di avviarci a delle “barzellette letterarie” che invece di far sorridere come dovrebbero da definizione, sfociano nella riflessione un po’ malinconica. Gli istanti vissuti nella sua montagna sono densi, ricchi di episodi ambigui e tragicomici. È stanco di vicende tristi e ci tiene a ribadirlo più volte nel preambolo iniziale del suo Venti racconti allegri e uno triste, per poi smentirsi clamorosamente ancora prima di finire la presentazione. Confessa infatti ai suoi lettori che tutti i racconti, sfuggendo alla sua volontà, non sono affatto allegri. Vengono toccati diversi temi dell’esperienza umana, calati nel contesto della vita di montagna complice nell’indurirne le scorze.
Nel racconto intitolato Benedizioni vediamo un prete montanaro alle prese con le difficoltà che gli procurano gli abitanti della sua comunità, “impervi” come il villaggio in cui abitano. In un brevissimo episodio viene resa chiara la durezza della vita di montagna e dei rapporti che intercorrono tra gli abitanti, chiusi nella propria valle come nelle proprie convinzioni. Corona privilegia le storie di casa sua, ma vuole far valere anche la sua mondanità, raccontando nell’episodio America una trasferta nel parco di Yosemite e l’inadeguatezza che lui e i suoi compagni provano per il Nuovo Mondo. Nel valutare l’opera di Corona non si può ignorare il lirismo di alcune descrizioni che mitigano la schiettezza del suo narrare. In Sacchi rievoca un paesaggio lontano nel tempo:
“Era il tempo dei pastori, dei profumi intensi dell’estate, del lento lavoro di malgari taciturni, alle prese con l’eterna solitudine di baite assolate, sprofondate nel grande silenzio del mezzodì.”
I personaggi ritratti sono delle macchiette che ben si inseriscono nel contesto da lui descritto. Le trame sono tessute tra piccole vite che stentano ad andare avanti tra uno spiraglio di novità e la monotonia imperante. Descrive con malinconia figure mitiche di malgari di cui si è quasi completamente dimenticata l’attività. Narra di un mondo lontanissimo che si estende al di sopra delle vite grame dei cittadini per guardare dritto negli occhi valli e montagne. Parla anche di rivalità in Vendetta, ma anche di omertà e disonestà, per ricordarci che chi vive in montagna non è solo un disperso in un contesto pittoresco, ma un cittadino del mondo moderno alle prese con le asperità di un luogo suggestivo quanto difficile da vivere.
Con la leggerezza di situazioni apparentemente semplici e quotidiane ci immerge nello smarrimento di un mondo distante e arrampicato tra i boschi. La genuinità delle persone che lo ispirano non ha niente a che vedere con la bontà o con la semplicità d’animo: il suo talento sta proprio nel riuscire a raccontarci la complessità dei caratteri e delle situazioni senza calcare la mano su speculazioni psicologiche e altre diavolerie moderne. È solo grazie all’espediente della pura narrazione che consegna ai suoi lettori il realismo del suo mondo.