I Sonetti, opera tra le più belle e significative di William Shakespeare, sono l’emblema, il lascito inequivocabile delle sue grandi capacità di artigiano della parola, composta da 154 sonetti, ognuno di tre quartine e un distico finale a rima baciata. L’idea alla base di questo corpus di versi, di questo diario-canzoniere, ne fa un’opera unitaria, corrispondente a quella profonda unità che si cela dietro la caotica molteplicità che caratterizza l’opera teatrale. In sostanza, i Sonetti trovano la loro straordinaria importanza non solo a un livello estetico, emotivo o espressivo, ma anche funzionale, ovvero una singolare, e per questo meravigliosa, opera letteraria che funge da grimaldello, in grado di scassinare la serratura che dà al magico mondo del teatro shakesperiano.
La struttura complessiva dell’opera rimanda subito a quella del celebre Canzoniere di Petrarca, mentre l’elemento essenzialmente contenutistico richiama la grande filosofia neoplatonica. Il petrarchismo diventa per Shakespeare il modello ideale attraverso cui può realizzare la sua grandiosa opera filosofica in versi. L’atmosfera che la pervade è quella della sterilità dei sentimenti e dell’inganno. In Platone, Shakespeare trova espresse e risolte le contrapposizioni Essere e non Essere, Verità e Opinione, Realtà e Apparenza. Liberandoli da schematismi di maniera e da una certa leziosità deformante, Petrarca e Platone ritrovano la loro piena autenticità nei versi shakesperiani, elementi di una dolorosa ricerca della Verità.
Prima di tutto il tema dell’Immagine che si contrappone alla Realtà, come unica e sola realtà, una realtà di per sé ingannevole, mutevole, dolorosamente effimera: il Poeta invita il lettore a una continua tensione all’Universale attraverso il Contingente, di insistere sulla sua ricerca della Verità e di anteporla sulle opinioni più diffuse; l’apparenza ingannevole della realtà colpisce la Vista, che è il più importante ma anche il più corruttibile dei sensi, poiché è il mezzo essenziale tra la comunicazione del nostro Io col Mondo: l’occhio dell’uomo può solo dimenarsi perché intrappolato, e non liberarsi dalle illusioni e dagli inganni; ma se ogni cosa è mutevole, ciò vuol dire che tutto è soggetto all’implacabile potere del Tempo: esso, il più grande avversario del Poeta, è un divoratore e distruttore insaziabile di ogni realtà, che costringe la Vita ad avanzare inesorabilmente verso la Morte.
Il Tempo, quindi, è il vero nemico da sconfiggere: in un primo momento attraverso la procreazione, ovvero la presenza dei figli, che annulla momentaneamente la distruzione; poi, attraverso la forza eterna della Poesia. Lo scontro tra la Poesia e il Tempo è una delle pietre miliari del pensiero shakesperiano, un tema ricorrente in quasi tutto il suo teatro, ma che trova nei Sonetti la sua più grande coloritura lirica ed espressiva, la sua vera forza drammatica. L’angoscia di Prospero (noi siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni…) trova il suo più grande riscatto grazie alla filosofia platonica. Tuttavia, la Poesia condannata da Platone diventa, nell’opera di Shakespeare, l’unico strumento in grado di contrapporre all’immagine ingannatrice un Archetipo, ovvero l’immagine di un’imperitura Bellezza. In questo modo, la perenne bellezza entra di diritto nell’Iperuranio platonico, assumendo le caratteristiche di un’entità religiosa, sacra, di un fascino così intenso e profondo che il flusso che esercita sul Poeta può essere scambiato per ossessione o idolatria. Consapevole di quest’immagine che lui stesso ha intuito e plasmato, il Poeta è pronto ad affrontare le illusioni della Vita, l’avanzare del Tempo e la presenza della Morte.
I temi sono molteplici, così come è varia e complessa la profondità del loro significato, ma tutti vengono immessi in un unico grande percorso che si conclude con la vittoria dell’Eternità sul Tempo: l’amore trionfa sulla passione carnale e sulla sessualità sfrenata, nonostante non possa trovare un corpo attraverso cui materializzarsi, perché la carne è perennemente distrutta dalla Morte, mentre sul Tempo s’innalza vittoriosa l’eternità della Poesia.
I Sonetti sono il percorso intimo di un grandissimo poeta platonico, ovvero un uomo che nel seguire l’Idea della realtà, rifiuta la realtà a lui contingente, in quanto la sua idea è l’unica realtà possibile. Resta ovviamente l’ambiguità della Poesia: qualunque sia il suo destino, è irreale, ovvero la dolorosa consapevolezza di poter dire tutto e niente.
Sigillo a questo destino è l’indistruttibile maschera amletica, la grande e al contempo inutile rappresentazione del mondo.