Lo scrittore Giuseppe Marotta nacque a Napoli, precisamente in quella che una volta era via Nuova Capodimonte (ora corrispondente al Corso Amedeo di Savoia), il giorno 5 aprile 1902 da buona famiglia borghese di origini campane, precisamente proveniente dalla città di Avellino: il padre, avvocato, era possidente di un’ottima fortuna scialacquata nel corso degli anni).
Quando aveva nove anni, l’avvocato Marotta venne a mancare appena diversi mesi dopo il loro trasferimento in quel di Napoli, mentre la giovane madre (aveva circa 30 anni in meno rispetto al defunto marito) trovò un impegno piuttosto umile in qualità di guardarobiera e stiratrice pur di mantenere la famiglia costituita da Maria, Ada e Giuseppe.
Durante quegli anni il giovane Marotta visse in condizioni di assoluta miseria abitando in un “basso” ricavato nel piano terreno del campanile della chiesa di Sant’Agostino degli Scalzi. Il “basso”, un tipo di abitazione tutt’ora presente nel centro storico di Napoli, consisteva in un’unica stanza al livello della strada, per accedere al quale bastava aprire una porta che dava direttamente in strada.
Abbandonò presto la scuola tecnica, verso la quale non dimostrò grande interesse; venne esentato dal servizio militare ed entrò nell’Azienda del Gas in qualità di operaio. Fu allora che riprese gli studi sfruttando sia la sera che la notte, riuscendo a farsi pubblicare da Tribuna illustrata e Noi e il mondo le sue prime novelle: ottenne così i suoi primi compensi come scrittore.
Nel 1925 si trasferì a Milano per intraprendere una carriera di giornalista. Qui poté sperimentare di persona i rischi altissimi del rincorrere i propri obiettivi, dato che per alcuni periodi dovette dormire addirittura sulle panchine; alla fine, però riuscì a farsi assumere alla Arnoldo Mondadori Editore e poi alla Rizzoli come redattore.
La sua rubrica fissa che veniva pubblicata dal giornale Film fu scoperta da Borelli (era anche a capo dell’ufficio stampa di Germania Film, orientato alla promozione del cinema tedesco nel Belpaese), il quale gli spalancò le porte del Corriere della Sera. La collaborazione con il quotidiano però fu interrotta nel 1943, riprendendo due anni dopo e dandogli la possibilità di riscoprirsi anche come autore di sceneggiature cinematografiche e teatrali.
Il primo romanzo di Marotta, “Tutte a me”, fu pubblicato nel 1932 e fu il primo di una lunga serie di prodotti letterari, alternati a quelli giornalistici, dedicati alla sua città natale mai dimenticata.
Durante il dopoguerra (siamo nel 1947), Marotta pubblicò presso l’editore Bompiani la raccolta di storie brevi “L’oro di Napoli” che riscosse grandi successi presso il pubblico ed una parte di critica. Sarà Vittorio De Sica a trarne un film nel 1954, stesso anno del romanzo Coraggio, guardiamo, che vinse il Premio Bagutta.
Il capitolo “cinema” è un altro settore molto importante per Giuseppe Marotta, il quale lavorò molto per il grande schermo scrivendo soggetti e sceneggiature. A parte il già citato “L’oro di Napoli” (versione cinematografica), tratto dal suo libro e scritto in collaborazione con lo stesso De Sica e con Zavattini, collaborò con Ettore Giannini per “Carosello napoletano” (1953), con Mario Soldati ed Eduardo De Filippo per il celeberrimo “Questi fantasmi” (1955), e con Francesco De Feo per “Mondo Nudo” (1964).
Divenne nell’ultimo periodo critico cinematografico per L’Europeo, svolgendone l’attività fino alla morte, sopraggiunta nella sua Napoli il 12 ottobre 1963.