in foto
Italo Calvino (1923-1985)
Ritratto di Graziano Origa
Non c’è epoca dell’anno più gentile e buona, per il mondo dell’industria e del commercio, che il Natale e le settimane precedenti. Sale dalle vie il tremulo suono delle zampogne; e le società anonime, fino a ieri freddamente intente a calcolare fatturato e dividendi, aprono il cuore agli affetti e al sorriso.
Non vi suona per caso familiare tutto ciò? Angelus papale a parte, quello presentato prima è un estratto dalla novella I figli di Babbo Natale, l’ultima delle storie contenute in Marcovaldo ovvero le stagioni in città, raccolta edita da Einaudi nel 1966.
La storia in breve non è altro che un distillato, sintetico e prezioso, della vita di Calvino. Narra di un semplice impiegato, Marcovaldo, che per conto della società Sbav fa il giro porta a porta, insieme al figlio Michelino, per gli auguri di Natale, quelli di plastica naturalmente. Tutto cambia non appena Michelino decide di voler aiutare un bambino povero a caso, ciò accade quando, non avendo chiaro il concetto di “povertà” così come noi (erroneamente) lo consideriamo, regala un martello, un tirasassi e dei fiammiferi al figlio di un ricco industriale, in tal modo il piccolo principia a distruggere la casa. Entusiasti, i dirigenti dall Sbav lanciano sul mercato il “regalo distruttivo”, perfetto per “incentivare ulteriormente il mercato”.
Senza facili semplificazioni, basti dire che Italo Giovanni Calvino Mameli nacque a Cuba nel 1923, ricevette un’istruzione grazie ai genitori, agronomo lui, assistente di botanica all’Università di Pavia lei.
Il nostro affrontò nel corso della sua esistenza svariate difficoltà, tra cui l’imminente conseguenza della fine del Primo Conflitto Mondiale e tutte le catastrofi portate in dote del Secondo, questi eventi gli impedirono di godere della tanto amata Sanremo, città di provenienza dei genitori.
A dirla tutta, Calvino è sempre stato un intellettuale più unico che raro: la sua mente ed il suo pensiero furono allenati alla tolleranza e alla duttilità, pensate cosa significhi essere agnostici durante quegli anni, eppure accettare superficiali compromessi per poter continuare a vivere e frequentare una scuola valdese, militando obbliatoriamente nei balilla. L’attività politica rispecchia perfettamente tutto ciò, egli prese parte anche P.C.I. (Partito Comunista Italiano), ma poi se ne distaccò con grande amarezza dopo aver costatato il totale fallimento delle premesse fondamentali dell’ideologia comunista.
La “prolificità” di quest’uomo sorprende non poco: riuscì a scrivere e a pubblicare Il sentiero dei nidi di ragno prima ancora di laurearsi, a 23 anni, ricevendo anche il premio Mondadori. Autore di monumenti della letteratura come Il visconte dimezzato, Il cavaliere Inesistente, Palomar e Ultimo viene il corvo (bibliografia completa). Collaborò con numerose riviste, affiancato da personalità come Balbo e Pavese, il suo grande maestro suicida nel 1950.
Negli ultimi anni si avvicina moltissimo al pensiero giolittiano, ha grandi progetti per l’Italia, e dona il suo contributo al nostro paese facendo la cosa che più gli riusciva meglio: parlare agli animi.
Già, Italo Calvino è stato probabilmente uno degli ultimi a suscitare sincera ammirazione da parte del mondo estero, senza formalismi, senza sotterfugi e rivelazioni diplomatiche imbarazzanti, era rispettato e morì proprio così. Nell’estate 1985 doveva tenere una conferenza ad Harvard (le Lezioni americane, pubblicate postume), ma, colto da un malore, si ritirò nella sua villa toscana a Roccamare, lì morì a causa di un ictus dopo essere stato ricoverato nell’ospedale di Siena Santa Maria della Scala, oggi è sepolto a Castiglione della Pescaia.