Ecco ciò che avrebbe fatto: sarebbe arrivata a casa, avrebbe recuperato i soldi che aveva messo da parte, e con i 500 euro che ora aveva in tasca sarebbe scappata in un’agenzia viaggi per prenotare un volo. Direzione…non importava. Ovunque ma non là.
Svoltò l’angolo con il cuore in gola. Tastò la tasca intera del giubbotto: la busta era lì. Quelle banconote che puzzavano di sesso, soldi sporchi di un corpo violato. Ma che importava, sarebbero serviti per lasciarla fuggire.
La casa era stranamente silenziosa. Troppo silenziosa. Fred era al lavoro, certo. Ma l’atmosfera non lasciava presagire nulla di tranquillo.
I fornelli brillavano, il tavolo del salone era perfettamente pulito, lo stesso valeva per il tappeto ed i vetri dell’enorme finestra che dava sul giardino. Fred era fissato con la pulizia. Non le aveva permesso di trovare un lavoro apposta: era giusto lei rimanesse a casa, che facesse la donna, si occupasse della casa e del cibo. Perché era un’ottima cuoca, e glielo diceva baciandole il naso, uno dei pochi gesti intimi che ogni tanto lui esternava.
A lei andava bene: quando si sposarono e lui le comunicò – con dolcezza, sì, ma con un che nella voce di autoritario ed irremovibile – che non avrebbe voluto accanto a sé una donna con un lavoro, ma anzi una moglie ai fornelli e con uno straccio in mano, annuì subito. Non sapeva che sarebbe arrivata ad un momento nella propria vita in cui non avrebbe più sopportato starsene in casa a pulire e cucinare e guardare la tv; e non sapeva nemmeno che non avrebbe mai potuto concedersi il lusso di tralasciare per un giorno i lavori di casa. Se quando Fred tornava a casa trovava la casa in disordine o non perfettamente lucidata…beh, lui la picchiava.
A nulla serviva il dolore, se non a sopportare in silenzio le terribili violenze del marito al posto di esternarle con qualcuno. Adriana non era una di quelle donne sole, tutt’altro. Aveva ancora in vita entrambi i genitori, era piena di amiche e amici, e aveva persino ottimi rapporti con la suocera, che sicuramente – lei pensava – non sapeva nulla di ciò che suo figlio le procurava.
Adriana era tanto, troppo attaccata al suo dovere di moglie, aveva paura che le violenze sarebbero potute aumentare al posto di diminuire, se solo lei lo avesse raccontato a qualcuno, se solo Fred malauguratamente avesse scoperto che lei si era aperta con qualcuno, rivelando tutto.
Per quello doveva fuggire. A casa dei suoi genitori l’avrebbe trovata. E parlarne con la polizia…oh, no, non se ne parlava. Decise così di andarsene via, da qualche parte per un po’. E poi tornare a casa, dai suoi genitori, quando l’incubo fosse finito.
Posò la borsa ed il cappotto sul divano, si sedette sul tavolo in cucina e strappò un foglio dal bloc notes sul quale annotava la lista della spesa. Scrisse.
Una lunga lettera ai genitori. Rivelando tutto. Non ce l’avrebbe fatta a dire ad alta voce che stava male, che per anni aveva subito maltrattamenti dal marito, che quando sorrideva davanti a loro stava male, e che quelle di Fred non erano strette di mano ma avvertimenti: sembrava fosse in grado di leggerle la mente e capire quando lei avrebbe voluto dire la verità ai genitori; e così, a cena, attorno al tavolo, lui le prendeva la mano, la chiamava amore. E poi gliela stringeva. Non fortissimo ma quanto bastava perché lei sapesse che era nelle sue mani, che lei gli apparteneva.
Parlarne con i genitori avrebbe significato “disastro”. Suo padre sarebbe corso in casa sua per metterla al riparo, facendo fuori Fred. E per quanto sapesse che era una cosa giusta, che lei si meritava protezione e quell’uomo bastardo una punizione…non riusciva a credere che fosse la scelta migliore.
E se Fred si fosse recato in piena notte a casa dei suoi genitori per dare fuoco alla casa, tormentarli, fare loro del male, riprendersi lei?
Terminò di scrivere la lettera e raggiunse la camera da letto. Tirò fuori dalla federa del cuscino i soldi che da quasi un anno aveva messo da parte scopando con uomini diversi e schifosi e li contò: millecinquecento euro circa. Sarebbero bastati per un bel po’.
Guardò l’orologio. Erano le sette. Fra trenta minuti Fred sarebbe arrivato a casa. Doveva scappare.
Tirò giù dall’armadio una vecchia valigia di Fred, la riempì con qualche abito, calze, un paio di scarpe, slip, canottiere, due reggiseni. In bagno si diede una veloce sistemata ai capelli che non volevano stare fermi, erano elettrici quanto lei. Ad ogni spazzolata una voce dentro sé le diceva: scappa, scappa, devi scappare, presto!
Ma ecco che quando lei impugnò la valigia e la lettera da spedire ai suoi genitori; quando lei aprì la porta di casa; quando lei tirò fuori dalla borsa le chiavi della macchina…lui era lì. E la fissava, con sguardo minaccioso e le braccia conserte.
“Ciao Adriana. Dove stai andando?”