«O persone ragionevoli!», esclamai sorridendo. «Passione! Ebbrezza! Delirio! Voi siete così impassibili, così estranei a tutto questo, voi uomini per bene! Rimproverate il bevitore, condannate l’insensato, passate dinanzi a loro come il sacrificatore e ringraziate Dio, come il fariseo, perché non vi ha fatto simili a loro! Più di una volta io sono stato ebbro, le mie passioni non sono lontane dal delirio, e di queste due cose io non mi pento perché ho imparato a capire che tutti gli uomini straordinari che hanno compiuto qualcosa di grande, qualcosa che prima pareva impossibile, sono stati in ogni tempo ritenuti ebbri o pazzi… Ma anche nella vita d’ogni giorno è intollerabile sentir gridare ogni qualvolta stia per compiersi un’azione libera, nobile e inattesa: “Quest’uomo è ubriaco, è pazzo!”. Vergognatevi, uomini sobri! Vergognatevi, uomini saggi!».
Johann Wolfgang von Goethe nacque a Francoforte il 28 agosto 1749 da Johann Kaspar e Katharina Elisabeth Textor; trascorse la fanciullezza tra gli agi derivanti dalla condizione agiata della propria famiglia e fu sempre seguito nei propri studi dal padre, apprendendo così i rudimenti di greco, latino, francese e italiano. All’età di diciassette anni, per volere del padre si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza all’Università di Lipsia, sebbene il suo desiderio fosse quello di intraprendere studi letterari. Con grandi difficoltà riuscì ad inserirsi nella vita di società della città e in seguito si innamorò di Kätchen Schönkopf, per la quale scrisse un’esuberante raccolta di poesie intitolata Annette. Negli anni della giovinezza, Goethe aderì al movimento romantico dello Sturm und Drag e ai suoi ideali di individualismo titanico. A questo periodo risalgono anche i primi componimenti, come il dramma pastorale I capricci dell’innamorato (1768); tuttavia, ben presto Goethe dovette tornare a Francoforte per seri problemi di salute.
Dopo essersi ristabilito riprese gli studi universitari a Strasburgo (1770), dove strinse amicizia con intellettuali e personaggi di primo piano nel panorama culturale della città, come il letterato e filosofo Johann Gottfried Herder. In questi anni lo scrittore pubblicò anche la prima antologia dei propri poemi, mentre nel 1771 terminò gli studi universitari e ottenne il titolo di licentitatus juris. Tornato a Francoforte cominciò ad esercitare la professione di avvocato, benché fosse molto impegnato nella stesura del Götz von Berlichingen, la vicenda di un proprietario terriero tedesco che, durante la Guerra del 1525, si schierò con i contadini in rivolta contro l’Impero. Si tratta di un’opera molto significativa perché rappresenta uno dei primi testi in cui il giovane Goethe esprime la propria protesta contro le istituzioni del potere, opponendovi la propria libertà di intellettuale e constatando il tramonto della civiltà medievale e dei suoi valori.
Nel 1772 lo scrittore si trasferì a Wetzlar, dove conobbe l’avvocato Johann Christian Kestner, fidanzato con una ragazza di nome Charlotte Buff della quale Goethe si invaghì: la passione impossibile e non corrisposta per questa donna fornì allo scrittore la materia per il romanzo epistolare I dolori del giovane Werther (1774). Nel 1775 divenne precettore del duca Karl August a Weimar, città in cui trascorse la maggior parte della propria vita componendo melodrammi e opere teatrali per intrattenere la corte. Inoltre, in questi anni lo scrittore ottenne il titolo nobiliare dall’imperatore Giuseppe II e successivamente fu nominato ministro. Con il trasferimento a Weimar, inoltre, Goethe prese le distanze dagli ideali romantici dello Sturm und Drag, approdando al classicismo e distaccandosi dall’idolo giovanile del genio sradicato e infelice. La rinuncia a questi ideali è infatti visibile nella tragedia Torquato Tasso (1790) e nel romanzo Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meinster (1797).
Dopo la morte della sorella trascorse un breve periodo a Berlino, dove cominciò la composizione dell’ Ifigenia in Tauride, conducendo anche studi di mineralogia. Nel 1786 Goethe si recò per la prima volta in Italia, rimanendo affascinato dalle antichità classiche che città come Roma potevano offrire ai suoi occhi: proprio da quest’esperienza nacque il saggio Viaggio in Italia (1817). A Napoli compì studi di botanica e geologia, senza trascurare la produzione letteraria: a questi anni infatti si data la conclusione della prima parte del Faust (1808), opera a cui l’autore lavorò per tutta la vita e che fu terminata solo nel 1831. La vicenda drammatica della scommessa di Faust con il diavolo Mefistofele ha il proprio nucleo intorno alla parola chiave dell’opera: lo Steben, il continuo tendere ad una meta senza mai riuscire ad appagarsi di quanto si è ottenuto. Teorizzato dal filosofo Fichte, questo concetto diventa un elemento tipico del Romanticismo, per cui l’uomo romantico concepisce la vita come un continuo tendere verso un infinito irraggiungibile e perfetto; da ciò l’insofferenza per ogni genere di vincolo e la volontà di trascendere continuamente la vita quotidiana.
Nel 1788 Goethe fece ritorno a Weimar e sposò Christiane Vulpius, da cui ebbe cinque figli. Dopo un periodo di crisi e aridità poetica, lo scrittore compose Le affinità elettive (1809), Poesia e verità (1809-1814) e Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister (1829). Morì il 22 marzo 1882, forse per un infarto.
Goethe è indiscutibilmente una delle figure di spicco della letteratura tedesca dell’Ottocento, la cui grandezza è dovuta soprattutto allo sperimentalismo di tutti i generi letterali. Inoltre, le sue opere sono una fusione di autobiografismo, romanticismo e classicismo, tanto che a passioni travolgenti e impetuose si alternano momenti di serena contemplazione della natura. Perciò non stupisce che lo stesso autore descriva con toni accesi l’irrequietezza, l’ossessione e il suicidio causati una passione non corrisposta, per poi comporre un’opera di rigore quasi scientifico come il Viaggio in Italia. Ed è proprio dalla capacità di trattare tematiche così diverse che deriva la grandezza di questo scrittore, un intellettuale a tutto tondo, che non disdegnò di cimentarsi negli studi scientifici, né di svolgere compiti politici. Rispetto al suo personaggio più celebre, Werther, Goethe scelse di superare la passionalità eccessiva e lesiva del proprio eroe e di rivestire un ruolo nella società che lo circondava, temperando la tempesta dei propri sentimenti. Per questo motivo Goethe non fu Werther, ma fu a lui superiore.