Non so se tra rocce il tuo pallido
Viso m’apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina o Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose,
Regina de la melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l’immobilità dei firmamenti
E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l’ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.
Dino Campana
“Non so”, un perpetuo interrogarsi durante un continuo tentativo di disvelamento di un mistero, intimo agli occhi del poeta. Dino Campana apre i suoi “Notturni”, che appartengono ai “Canti Orfici” (1914), con questa poesia, come simbolo dell’azione raminga e smaniosa del poeta che si intrattiene con la “sua” arte. Una personificazione assai immaginifica ed espressionistica dell’arte della poesia, che viene riportata in questi versi rievocando simboli spesso contrastanti, quasi come a voler ricostruire un quadro ricco di pennellate ossessive dell’interiorità dell’artista. Il linguaggio utilizzato da Campana è infatti spesso paragonato, da diversi critici, allo stile pittorico di Tintoretto: velocità e impulsività, nel tentativo di afferrare con un pennello qualcosa di transitorio e sfuggente, dipinto più nella mente di un uomo che nella realtà che lo circonda.
Contrasti chiaroscurali evocati dal poeta nel descrivere il continuo svanire della poesia; una poesia donna che è rintracciabile nelle “stelle vivide” e nella “fiamma pallida” ma anche nel “volto notturno” tra le ombre della sera.
L’immagine di una donna, analizzata nel suo mistero femminile che la accomuna alla poesia, è avvicinata al multiforme aspetto spaventoso della “Chimera”, mostro mitologico dalle numerose sembianze e che incute timore proprio perché appare anomalo.
(…) “Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.” (…)
Asservito e umile, il poeta compie sacrifici in nome di un’arte vivace come una giovane fanciulla, “Regina adolescente”, ammaliante e seducente, che soggioga l’animo di un artista al servizio dei suoi versi.
Con uno stile evocativo, espressionistico e visibilmente stimolante, Dino Campana, quindi, espone il suo ossequio riverente e la sua continua corsa alla ricerca di immagini misteriose, svelate in un viaggio di analisi smaniosa nel pedinare una fanciulla che racchiude essenze ignote.
Stimolata dai versi del celebre poeta, dono a voi lettori questa poesia, assaporata da me come se fosse un pallido fiore, aggraziato ma emotivamente distante, che trasuda inchiostro tra i petali delle sue mille vesti variopinte.