E’ sbocciato quest’odio come un vivido amore
dolorando, e contempla se stesso anelante.
Chiede un volto e una carne, come fosse un amore.
Sono morte la carne del mondo e le voci
che suonavano, un tremito ha colto le cose;
tutta quanta la vita è sospesa a una voce.
Sotto un’estasi amara trascorrono i giorni
alla triste carezza della voce che torna
scolorendoci il viso. Non senza dolcezza
questa voce al ricordo risuona spietata
e tremante: ha tremato una volta per noi.
Ma la carne non trema. Soltanto un amore
la potrebbe incendiare, e quest’odio la cerca.
Tutte quante le cose e la carne del mondo
e le voci, non valgono l’accesa carezza
di quel corpo e quegli occhi. Nell’estasi amara
che distrugge se stessa, quest’odio ritrova
ogni giorno uno sguardo, una rotta parola,
e li afferra, insaziabile, come fosse un amore.
Cesare Pavese
La saggezza popolare sentenzia che non c’è maggior disprezzo della non curanza. Che cosa c’è infatti di più doloroso dell’indifferenza?
Un autore straordinario, fecondo in poesia e in prosa, un genio della letteratura novecentesca, Cesare Pavese firma questo amaro componimento. Una delle voci più importanti del panorama letterario italiano con le sue parole ha fatto e fa tuttora scuola.
Versi pungenti intrisi di malinconia, ma nello stesso tempo di passione, sono messi insieme in questa poesia.
L’odio è il frutto di un amore andato, appassito, sfiorito. Il mondo sembra spento, vuoto, muto. Che cosa ci dà il senso di questa vita se non l’amore? Una domanda retorica che risuona come una frase ripetuta; eppure non bisognerebbe mai stancarsi di ripeterla.
Sospesa è la voce del poeta, come sospesi sono i suoi sentimenti. Da un lato in balia dei ricordi, dall’altro in cerca di una nuova fiamma. Il nostro protagonista è così, lontano da quell’amore che lo rendeva vivo e contemporaneamente suscettibile di uno sguardo, di una parola.
Carne è una parola che nel testo si ripete spesso. Il poeta quasi vuole sottolineare un senso di materialità, di passionalità tangibile. Il corpo e gli occhi dell’amata provocano anche nell’assenza sensazioni e pulsioni.
Una poesia struggente che anima la mente di ogni lettore e lo lascia tra contradditori stati da’animo.
Quante volte ci siamo sentiti come chi soffre in questi versi? Quante volte abbiamo cercato invano? Il sapere di non avere reazioni da chi vogliamo è qualcosa che lacera. Sentiamo ardentemente di voler andare via da quell’immagine, di voler cancellare certi ricordi, di voler spazzare via dalle nostre orecchie quella voce. Eppure con quanta forza ci spostiamo, quell’indifferenza ci incatena al passato, il suono della voce non si affievolisce.
Una riflessione amara, cruda, malinconica, autentica…