I loro sguardi ogni tanto si incrociavano e sembravano dirsi solo una cosa: riappacifichiamoci o dichiariamoci guerra per sempre, ma facciamolo per bene, e prima di morire.
Germano ed Emilio sono due fratelli, o per meglio dire, due fratellastri, avendo in comune lo stesso padre, di nove anni di differenza l’uno dall’altro. Il romanzo di Romana Petri, “Figli dello stesso padre” analizza il loro rapporto, sottolineando i punti di unione rispetto a quelli di distacco. La cosa interessante è che il concetto della famiglia allargata, dei genitori divorziati, dei difficili rapporti dei figli, oggi pane quotidiano, viene trasportato all’indietro del tempo, tra la fine degli anni sessanta e l’inizio di quelli settanta. Va da sé che i due personaggi non soltanto vivano il disagio della loro situazione familiare poco comune in quegli anni, ma la loro crescita è scandita inoltre dalle prese in giro dei compagni di banco e le coccole delle insegnanti, che aumentano, così, il sentimento di diversità dei protagonisti verso gli altri. Diversi, perché a casa ad aspettarli non ci sono mamma e papà accomodati sul divano; il papà è lontano, il papà lo si deve dividere con un’ altra famiglia, un’altra mamma, un altro figlio.
Germano è il più grande, ed è quello che ha reagito peggio alla separazione dei suoi genitori e alla “condivisione” del padre con un altro figlio. Essendo la storia ambientata nell’età adulta dei due protagonisti, si possono vedere gli effetti della diversità dello stato familiare dei ragazzi, che diventati uomini si portano dietro lo strascico di quegli anni di sofferenza. Germano è il personaggio antipatico; in realtà è solo il più fragile, colui che ha risposto al dolore con la chiusura; barricato dietro un muro che si è costruito negli anni, è incapace di dimenticare o quanto meno mettere da parte il disagio che ha vissuto, finendo con l’annichilimento totale, in una solitudine di odio e rancore. Attaccato quasi in maniera morbosa alla madre, rifugge invece da qualsiasi altra situazione stabile con una donna.
Emilio invece, più piccolo di Germano, ha avuto una reazione opposta: tenendo sempre a mente la figura del padre, si è fatto uomo allontanandosene quanto più possibile; si è creato una famiglia, una stabilità sentimentale, ha dei figli. La sua serenità, frutto anche degli otto anni di terapia, va a cozzare con il perpetuo disagio di Germano, incrinando i loro rapporti, già così poco stabili.
Il figlio abbandonato e il figlio non voluto vivono lontani da anni, l’uno a Roma, l’altro a Pittsburgh; il motivo del loro incontro è la mostra, inaugurata da Germano; Emilio è stato invitato e decide di andare, per rincontrare il fratellastro, per spezzare quel silenzio cominciato anni prima, dopo la morte del padre Giovanni. Il loro sarà un incontro-scontro, dove lotteranno tra loro forze avverse: il rancore e l’odio di Germano, il desiderio di essere voluto e amato dal fratello di Emilio.
Romana Petri è stata capace nel suo libro di analizzare dettagliatamente i risvolti psicologici dei due uomini, di leggere tra quelle fratture e di mostrare al lettore che, oltre alla forza dell’odio, c’è quella dell’amore, del richiamo del sangue, lo stesso sangue.