Avete presente Gulliver, quello dei famosi Viaggi, una volta approdato a Brobdingnag? minuscolo, impotente, trattato come se non avesse volontà propria, vive prigioniero in balia di esseri enormi dalle voci reboanti che non si curano di lui e delle sue necessità e che lui stesso non comprende. A volte ho l’impressione -avendo due figlie- che i bambini ci guardino con lo stesso misto di incomprensione e timore, e, come già Gulliver, di questi giganteschi incomprensibili adulti si sentano prigionieri.
Immaginate ora che alcuni bambini siano proiettati, più nolenti che volenti, nel Salone del Libro di Torino, proprio quello che si è tenuto in questi giorni: non-luogo estemporaneo, polverone di incontri e storie su carta destinato a dissolversi in poche ore. In questo letterario caos tre bambini che chiameremo Leone, Orso (come si ribattezza per l’occasione il timido Minuccio) e Giulia per ragioni diverse decidono la fuga, risoluti a vivere un’avventura fuori dalla gabbia in cui li tengono rinchiusi LORO, i giganti: gli adulti.
E infatti la storia si svolge su due piani paralleli e separati da un muro di reciproca non comunicazione: da un lato corre serena – un fiumiciattolo saltellante e gorgogliante, ricco di mulinelli e pesciolini e sassi bianchi- la poetica avventura dei bambini. Dall’altro lato romba cupo il mondo degli adulti che da quella magica vicenda restano esclusi, perduti –loro sì, perduti- nei “grandi” problemi delle persone “grandi”: un marito infedele, una moglie picchiata, la lontananza dalla propria terra e la maternità senza amore, il lavoro o la salute… talmente perduti da non cogliere il disagio negli occhi dei bambini, talmente presi da loro stessi da non leggere le richieste pressanti dei “piccoli”, bollandole come capricci o lagne immotivate.
Ascoltateci! Ehi, siamo qui!
Ma dall’alto delle loro vite gigantesche e problematiche gli adulti non guardano in basso.
A questo punto, la ribellione è l’unica via per riguadagnare visibilità, la fuga è l’unica occasione per respirare: i tre bambini, un po’ per noia un po’ per dispetto, si tuffano in quel mare ribollente di gente che profuma di carta e libertà. Insieme ricostruiranno un mondo a loro misura, ad altezza giusta, ma non per questo ristretto, anzi: davanti agli occhi dei tre piccolissimi amici una distesa immensa di storie da mischiare e riscrivere a piacimento e senza limiti. Loro sono Tarzan e scimmie, loro Winni Pu e Scircàn, loro Mughli e pirati e logopiediste cattive (in realtà usano un altro termine!): cantando, inventando, ridono nascosti sotto un tavolo, mentre fuori si scatenano corse e ricerche, piovono lacrime e insulti e la vita dei “grandi”, scombussolata, dipende improvvisamente solo dal ritrovamento di questi invisibili pigmei.
Questo libricino appena pubblicato, oltre ad essere una favola contemporanea, ha anche due atout in più: una copertina semplice e piacevole al tatto (dettaglio per me non irrilevante) e una sensoriale poesia di La Capria che dà il nome alla collana e che è interamente riportata nell’occhietto: Libellule. E lieve e grazioso come una libellula è “Perduti tra le pagine” di Margherita Oggero, scritto in tono vivace e leggero, interessante soprattutto nella resa del linguaggio dei bambini, dei quali l’autrice, ex-insegnante, pare conoscere bene il mondo.
C’è poi un lieto fine alla ricerca? Questo lo saprete solo leggendo. Di sicuro c’è un avvertimento: se vi sentite chiamare, guardate bene. Da qualche parte un bambino vi chiede una storia.