Lascia che sia fiorito
Signore il suo sentiero
quando a te la sua anima
e al mondo la sua pelle
dovrà riconsegnare
quando verrà al tuo cielo
là dove in pieno giorno
risplendono le stelle…
Fabrizio De Andrè
Chi l’avrebbe mai detto, eppure eccomi qui. Io, un’anticlericale, seduta con la tristezza accanto a scrivere di un prete. Chi l’avrebbe mai detto, un prete col sigaro da fare invidia a Fidel Castro, un omino magro fatto di ferro e ossa, scomodo come un sasso nelle scarpe, schietto come un vino che macchia il bicchiere e la tovaglia.
Un uomo di religione che non della religione ha fatto la sua bandiera, ma dell’amore. Non della chiesa si è fatto abitante, ma della strada. Non coi prelati gomito a gomito, ma coi diseredati fianco a fianco, seguendo il vangelo che leggeva scritto nelle parole di De Andrè e nelle asprezze della strada.
Il disagio di questa società, questo malessere serpeggiante che esplode improvviso in rivoli rosso sangue, colpendo i più deboli, ha trovato nelle sue braccia secche, ma sempre aperte, un sollievo. E di questo molti gli saranno grati, ma non tutti, come è ovvio: l’inflessibilità non è dote gradita in questa Italietta fatta di gomma e spugna, che dimentica di essere stata terra di emigranti e rifiuta di diventare terra di accoglienza. Don Gallo ha scritto molto di uguaglianza e libertà, di popoli sfruttati e di emarginazione: dopo le manifestazioni del 13 febbraio 2011 è stato l’unico uomo di chiesa, nel suo libro Se non ora, adesso. [Le donne, i giovani, la liberazione sessuale] (Chiarelettere, 2011), a rispondere ed accogliere le proteste femminili. In altri suoi scritti difende la Costituzione, denuncia gli inganni della droga, si rivolge ai politici: Non uccidete il futuro dei giovani (Dalai, 2011).
Ma ancor più delle parole, ha agito in questa direzione raccogliendo attorno a sé giovani sbandati in cerca di una rotta: lui, genovese roccioso, marinaio della sua diocesi e universitario della strada, ha saputo indicarla senza esitazione nell’accettazione dell’altro, per quanto diverso, e nella ricerca di una pace attiva. In cammino con Francesco (Chiarelettere, 2013), il suo ultimo libro, ha indicato chiaramente le impronte dell’uomo – e non del santo- che ha influenzato la sua vita e le sue scelte.
Il bisogno di tutti noi, credenti o no, di una strada da seguire, ne ha fatto un simbolo, ma egli stesso si considerava un uomo come tanti, e questo lo ha reso straordinario. Amico di intellettuali e tossicodipendenti, emarginati ed artisti, don Gallo non ha mai dimenticato di essere se stesso, con una coerenza non facile, non evidente, che ha suscitato rispetto in molti e timore in alcuni.
Oggi che fisicamente il piccolo prete di ferro e mare ha ceduto il passo alla morte, le sue parole resteranno a indicarci quello che potremmo essere: uomini, di carne e cuore.