Bisogna rassegnarsi al fatto che le serate dedicate al calcio arrivano sempre per tutte le donne e puntuali. Anche per chi, come me, le odia. Anche per chi, come la sottoscritta, ha un marito che pur non rientrando nella tifoseria degli ultras, vorrebbe volentieri farne parte. Poi però il pigrone si convince che la propria casa è più comoda degli spalti dello stadio e allora decide che il tifo si può benissimo fare dal proprio nido. E non da casa degli amici, no, ma da casa nostra perché, non si sa come, la loro è sempre, miracolosamente piena di gente, di dimostrazioni atte a imparare ad usare il Bimby o di lezioni sul corretto utilizzo dei coltelli per mangiare il pesce (!!!). E dicevo, queste serate arrivano in un batter di ciglio e tu non puoi fare altro che accoglierle nella tua umile dimora (ma quale umile…Quel vaso in finissima ceramica cinese ti è costato un occhio della testa e l’hai votato a reliquia), aprendo la porta a tutta la sfilza di amici di tuo marito che queste occasioni si portano appresso. E magari ti ringraziassero! Per loro è scontato essere lì. E al diavolo la serata romantica, lo spogliarello per cui ti sei esercitata improvvisandoti acrobata, i cibi afrodisiaci, le teorie sulle migliori posizioni, i migliori luoghi dove fare l’amore. Riponi tutto nella tua lista dei desideri, che neanche gli infiniti rotoloni Regina riuscirebbero a contenere. Impotente, osservi il gruppetto di tifosi alienarsi nel tuo salotto lindo e pulito e impossessarsi del divano che, immancabilmente, ha le fodere chiare. A chi ti saluta rispondi con un sorriso falsissimo, augurandoti che con le briciole delle patatine appiccicate al tavolino di cristallo ci si strozzi. Osservi ognuno di loro dalla porta della cucina, che dà sul soggiorno, sperando in cuor tuo che avvertano il tuo fiato ansioso sul loro collo. Utopia. Tuo marito fa capolino dietro di te con le braccia piene di birre –un carico indescrivibile- e ti chiedi perché ieri si sia improvvisato paraplegico, sostenendo che quel mobile inutile in quell’angolo della casa proprio non poteva essere spostato. Non ti guarda in faccia, l’infame, perché già gli altoparlanti della tv hanno riempito la casa delle urla dello stadio. Il momento di abbandonare il campo è arrivato. Chiudi le porte accennando un: “Buona serata!”. E’ tutto inutile. Quello che dice il telecronista è oro colato. I tuoi tentativi di sembrare una perfetta padrona di casa sono solo fastidiosi rumori.
Esiliata nella tua camera da letto ti rigiri i pollici, pensando che qualcosa da fare nei prossimi 90 minuti dovrai pur trovarla. L’occhio punta agli armadi: ci sarebbe da fare il cambio di stagione. Fai per alzarti, ma ti stendi di nuovo sul letto. Impossibile, ti dici. Pezze, stracci, detersivi sono tutti in cucina. E passare dal salotto per rimanere scandalizzata dal degrado improvviso che sai vi si troverà, è fuori discussione. Spendi i tuoi primi dieci minuti della serata in questo modo, stupita dal fatto che tutte le strade portino in cucina. Sei li li per prendere le chiavi della macchina ed uscire a fare una passeggiata, quando risuona chiaro un tonfo ovattato –il vaso?! Oddio, il vaso!- e le voci provenienti dal salotto sembrano ammutolirsi all’improvviso. Ma è solo un attimo, perché Mauro, ricercatore precario a Roma, non si trattiene da uno spontaneo: “Malimortanguerrieri, st’arbitro ndo guarda?”. E mentre, orripilata, ti vedi a fine serata raccogliere i cocci, il tumulto riprende il suo corso. Scarti l’idea della passeggiata (la voce saccente di tua madre che ti ricorda che quando il gatto non c’è i topi ballano) e decidi di massaggiarti le tempie, ma un’altra, geniale idea folgora la tua mente. C’è quel libro di poesie che tua suocera ti ha regalato, ma non sei mai riuscita a leggere. No, in realtà non hai voluto leggerlo per principio, perché tua suocera sciocchezze come la letteratura proprio non le comprende. Trova altrettanto incomprensibile il fatto che una donna sposata possa bruciare un arrosto. Pensando che in quel momento preferiresti di gran lunga vedere la tua casa consumata dalle fiamme e inondata dal sugo, ti dedichi al libro. E’ una raccolta di poesie d’amore (forse tua suocera pensa anche che trascuri un po’ suo figlio, ma non te lo dirà mai apertamente) e magari speri che sia anche carino. In prima pagina t’appare Saffo col suo: “Tramontata è la luna”, ma stai per finirla che Gennaro, l’amico di infanzia originario di Napoli, irrompe nei tuoi pensieri con un delicato: “T’anna magnà ‘e cani ‘e canciello!”. Sbuffi e ti alzi dal letto, sapendo che la soluzione è una ed una sola.
Il tuo ingresso in salotto è contemplato come l’apparizione della Madonna. Incredibile, ma vero. I resti del vaso cinese sono malcelati sotto il tappeto e qualcuno fa per spazzare via le briciole dal tavolino. Le fodere hanno una tonalità che tende ad un tiepido color fango, ma il silenzio forzato e la precaria compostezza degli ospiti sono disarmanti tanto quanto i loro sguardi strabici a furia di buttare un occhio sul televisore per controllare i risultati e, nel frattempo, scusarsi per il casino che hanno fatto. Ti siedi affianco all’infame, che non ha più un volto da mostrare per tutte le scuse che vorrebbe farti, ma sorridi e ti servi da bere, alzando le spalle, come a dire: “Non fa niente, caro. Alla fine cosa c’è di meglio che guardare la finale di Champions League con te?”