La calda e opaca cenere
Include l’umidità esterna.
Ricordiamo, vita mia,
i nostri pensieri fino al rimpianto.
Il vento simbolico soffia più freddo
Contro i vetri bagnati.
I nostri cuori, ahimè!, si sentono più vecchi
Mentre cercano di vivere ancora una volta.
La notte ferisce. La rossa brace
Tende a un rosso più caldo!
Ahimè! Quando ricordo
Vorrei poter dimenticare.
Quali vaghe e fredde folate entrano
Nella mia anima come da una porta!
La mia anima è il centro vivo
Dei sogni che non ci sono più.
La brace sobbalzi ancora di più!
Più ancora si avvicini il fuoco!
Com’è facile ricordare
Quando la memoria vuol dire rimpianto!
Il vento umido è alto
Attorno ai miei pensieri solitari.
I miei occhi non si allontanano dal fuoco,
le mie labbra sussurrano un vago nome.
Spostate inutilmente quella brace!
Tutta la nostra anima è rimpianto.
Rimpianto di ciò che ricordiamo
E rimpianto di ciò che dimentichiamo.
O freddo e selvaggio soffiar
Del vento attraverso l’umida oscurità!
Sulla tomba del mio passato risplende
Una rosa rossa in pieno rigoglio.
Le tenebre portano via la cenere.
Io non la rimuovo, eppure la agito.
La nostra vita vuole ricordare
E il nostro desiderio dimenticare.
Il mio mistero viene a toccarmi
La spalla fino a farmi paura.
La rosa rossa è morta. Così
Come quel che ero è ora morto.
Potessi sperare di dimenticare, pallida cenere,
senza struggermi o rammaricarmi!
O potessi sperare di ricordare
Senza desiderare di dimenticare!
Fernando Pessoa
Inciampiamo, per nostra natura, nelle vie frastagliate dei nostri ricordi. Attimi rumorosi che trasfigurano la realtà, agli occhi di chi nasconde storie vive ed un passato rigoglioso come una rossa rosa; con questa poesia Pessoa rappresenta il risvegliarsi del passato di ognuno di noi, quasi un attimo prima di scomparire nell’oblio.
Questa poesia è presente nella racconta “Il violinista pazzo” di Fernando Pessoa, opera in inglese che offre un’ulteriore testimonianza del bilinguismo del poeta portoghese.
Al centro dell’analisi ci sono i pensieri, presentati come incisioni ardenti tra le nostre ceneri ancora calde, fino al punto in cui non ci scontriamo con il “rimpianto”, più volte nominato in questi versi. Rimpiangiamo ciò che non è stato fatto o detto, abbiamo il rimorso di ciò che è stato, e viviamo nella nostalgia di ciò che abbiamo voluto dimenticare, o che non abbiamo voluto.
Tra i mille rimpianti, narrati dall’autore, entra in azione anche il tempo, sempre all’erta tra passato e presente, a rammentarci che “I nostri cuori, ahimè!, si sentono più vecchi / Mentre cercano di vivere ancora una volta”; ed è così che, galleggiando tra le immagini del nostro passato, aspiriamo ad un riscatto e ad un nuovo inizio, giorno dopo giorno, anche dopo la lettura dei versi di Pessoa.
Arriva ad essere quasi una conseguenza, in seguito alla metamorfosi della realtà vista con la lente del vissuto, il desiderio di dimenticare, di raggiungere un oblio, a volte amico, per un passato che siamo spesso costretti a ripudiare. “Com’è facile ricordare / Quando la memoria vuol dire rimpianto!”, come ritornano all’altezza dei nostri occhi le mille immagini di un passato che preferiamo spazzare via, come la cenere di un passato che continuiamo, descrive il poeta, ad agitare, ad allontanare, con il desiderio di farlo svanire nel vento umido.
Ma questo non accade sempre: Pessoa termina la sua lirica con un bagliore di speranza, generato dal poeta stesso, che conduce il lettore ad aspirare ad un futuro ormai lontano in cui la nostra cenere sarà nel vento e tornerà solo piacevolmente il desiderio di respirare di nuovo qualcosa che è volato via.