Il giovane e famosissimo scrittore italiano Niccolò Ammaniti, nasce nel cuore della capitale il 25 Settembre del ’66.
Il suo primo romanzo “Branchie” è il risultato, così si dice, dell’abbozzo della sua tesi di laurea in Scienze Biologiche, mai conseguita. Il secondo libro è un saggio sui problemi dell’adolescenza, “Nel nome del figlio”, scritto con il padre, docente di psicopatologia generale.
È nel 1996 però, che con la pubblicazione del romanzo “Fango”, viene conosciuto dal pubblico e trova un positivo accoglimento come scrittore.
Ha scritto e scrive ancora oggi libri per “Pulp”, “Ciak”, “La bestia”, e ha intervistato scrittori del calibro di Aldo Nove. Nel 1997 scrive “Anche il sole fa schifo”, radiogramma trasmesso da RadioRai.
Tante le sue opere, tutte di successo e molto amate dal pubblico di lettori, di tutte le età: “La figlia di Siva” (1993), “Seratina” (1996), “Alba tragica” (1997), “Il fagiano Jonathan Livingstone- manifesto contro la new age” (1998), “Ti prendo e ti porto via” (1999), “L’amico di Jeffrey Dahmer è l’amico mio” (2000), “Io non ho paura” (2001), “Fa un po’ male” (2002), “Sei il mio tesoro” (2005), “Come Dio comanda” (2006), “Che la festa cominci” (2009).
Le opere di Ammaniti sono state lette e apprezzate anche all’estero, e i suoi libri sono stati tradotti in molte lingue tra cui francese, russo, tedesco, polacco, greco, spagnolo, giapponese, rumeno, finlandese e molte altre.
Nel 2001 vince il Premio Viareggio con il romanzo “Io non ho paura”, suo libro più famoso e amato dai lettori, soprattutto adolescenti.
Molti suoi scritti sono stati portati sul grande schermo da registi dello spessore di Gabriele Salvatores, Marco Risi, Bernardo Bertolucci e Francesco Ranieri Martinotti.
È curioso parlare di un momento della sua vita in cui viene definito “cannibale”: con la raccolta di scritti “Gioventù cannibale”, edito da Einaudi nel 1996, alla quale Ammaniti collabora, questa forte accusa di cannibalismo “letterario” se così vogliamo definirlo, grava su di lui e i suoi colleghi scrittori. In realtà ciò di cui parla questo libro si “avvererà” negli anni a venire con i tragici casi di cronaca quali Erika e Omar, il mostro di Firenze, i satanisti lombardi.
Questa “profezia che si auto avvera” viene definita da Luttazzi come prevedibile, in quanto “gli artisti hanno le antenne e sentono in anticipo ciò che sta per arrivare”.
C’è da dirlo: l’Italia vanta uno scrittore bravo e attento come Ammaniti, amato e letto da un pubblico vastissimo di tutte le età. Questo grazie alla sua attenzione verso il mondo dell’infanzia prima, dell’adolescenza poi. Affronta dinamiche legate all’amicizia, l’amore; parla di sentimenti come paura e coraggio; non teme di esporsi in prima persona con i suoi scritti. In merito una sua frase può perfettamente rendere l’idea dello spessore umano e letterario di questo autore:
Io ho un problema con gli eroi in generale: non mi piacciono. Non amo l’eroe buono, positivo, nemmeno quello mitologico che incarna in sé la morale, la giustezza della vita. Gli unici che mi piacciano sono i bambini perché sono inconsapevoli di esserlo e quindi possono “incarnare” un problema etico e nello stesso tempo risolverlo attraverso l’intuizione e il cuore.