Ci sono sere che vorrei guardare
da tutte le finestre delle strade
per cui passo, essere tutte le rade
ombre che vedo e immagino vegliare
nei loro fiochi santuari. Abbiamo,
sussurro pensando, lo stesso sogno,
cancellare fino a domani il sogno
opaco, cruento del giorno, li amo
anch’io i vostri muri pallidamente
fioriti, i vostri sonnolenti acquari
televisori dove i lampadari
nuotano come polpi, non c’è niente
che mi esclude tranne la serratura
chiusa che esclude voi dalla paura.
Giovanni Raboni
Siamo soli eppure vicini.
Giovanni Raboni è stato uno scrittore, giornalista e poeta italiano, esponente della generazione degli anni ’30. La sua poesia pone l’accento sulla quotidianità vista dietro il velo di una sottesa malinconia, stato d’animo che traspare chiaro anche in questo componimento.
Nei versi di “Ci sono sere che vorrei guardare” si delinea, infatti, la figura di un uomo qualunque, forse solo, un uomo che vaga e che riflette sulla sua condizione.
L’immagine che è tratteggiata ci mostra il protagonista che cammina per le strade, strade illuminate dalle luci delle case, affollate dalle voci degli uomini che vi abitano.
L’uomo entra in una sorta di empatia con coloro che sono dall’altra parte di quelle mura, vorrebbe poter partecipare delle loro vite.
Proprio quelle mura diventano metafora mediante la quale il poeta può esprimere tutta la sua mestizia. Gli uomini si tengono a distanza. Sanno di aver bisogno di entrare in comunicazione, comprendono di avere lo stesso fine, ma non riescono ad aprire le loro porte.
Le case dunque diventano santuari, luoghi sacri, inviolabili. Gli uomini si barricano dentro le loro roccaforti, ove si difendono dalla paura, dal timore di un confronto. Il poeta sente e percepisce tutto ciò.
Questi versi sono lo specchio di una società del sospetto. Una società in cui l’individualità prevale sul gruppo, in cui l’Io scavalca, supera, cancella il Noi.
Ci riconosciamo eppure restiamo sconosciuti l’uno all’altro, ci ignoriamo, ci chiudiamo nelle nostre vite, innalziamo un muro, frapponiamo sempre una porta.
Ci sarà mai un tempo in cui quelle porte si spalancheranno? In un mondo come quello che ci circonda l’individualismo, l’egoismo, la chiusura sono atteggiamenti che ci mettono a distanza e che lasciano ciascuno navigare nel proprio ristretto stagno.
Eppure aprire quella porta potrebbe dare il senso a un’esistenza fioca, potrebbe dare la direzione ad un bivio pericoloso.