“Chi me lo fa fare?”, ce lo chiediamo spesso. La risposta molte volte è ovvia, quasi scontata. Potrebbe essere che non abbiamo altra scelta, perché è un dovere, una necessità. Altre volte, invece, il motivo che ci spinge a compiere gesti e continuare abitudini è meno banale. Ci costa fatica, energia, tempo, dedizione, anche dolore, ma andiamo avanti. La passione di portare avanti un progetto, seguire i propri sogni, cercare di vederli realizzati. Gli sforzi e i sacrifici sono molti, alcuni si pagano a caro prezzo, e spesso non si acquista nulla.
A far muovere tutto ci pensa la curiosità, il senso di avventura, di scoperta e meraviglia. Ciò comporta un atto di coraggio e richiede un briciolo d’incoscienza. Poco importa il risultato agli occhi degli altri, il merito da acquisire, il prestigio da esibire. Così la pensa Paul Graham che, nel suo articolo How To Do What You Love (Come fare ciò che ami), spiega come alla base dell’insuccesso nel fare e realizzare quello che più amiamo ci sia il prestigio, cioè “l’opinione del resto del mondo”. Graham insiste che non dovremmo “preoccuparci dell’opinione di nessuno all’infuori dei nostri amici”. Se lo facessimo, saremmo preda del desiderio di compiacere e gratificare gli altri prima che noi stessi. “Il prestigio è come una potente calamita che deforma persino la percezione di ciò che ci piace. Ti fa concentrare non su ciò che ami, ma su ciò che dovresti amare”.
Deviare dal nostro cammino e svoltare per imboccare la strada asfaltata con piazzole di sosta, corsie d’emergenza, guardrail e tutor seguendo il nostro navigatore è semplice, pratico, veloce, sicuro. Continuare sul sentiero di ciottoli fra cespugli, rovi e bestioline poco amichevoli, è un’altra storia. Quella che racconta Alain De Botton quando parla di cosa sia il successo. In The Pleasures and Sorrows of Work (Le gioie e i dolori del lavoro), avanza l’ipotesi che in realtà “pensiamo di sapere cosa sia il successo” quando in realtà non capiamo cosa significhi. Infatti “le nostre idee su cosa voglia dire avere una vita di successo non ci appartengono. Sono idee altrui, veicolate attraverso la televisione, la pubblicità, il marketing, ecc.” De Botton non invita a sbarazzarsi dell’idea di successo; chiede però che essa ci appartenga poiché “è già abbastanza sgradevole non ottenere ciò che si desidera, ma è anche peggio avere un’idea di ciò che si vuole e scoprire alla fine del viaggio che, in realtà, non era proprio quello che volevamo”.
Cercare quindi un proprio orizzonte disegnato dalla nostra matita e colorato con in nostri pastelli. Spesso avremo bisogno di cancellare uno scarabocchio, mettere una nuvoletta qui e là. Altre volte dovremmo usare colori più tenui, per poi caricarli con sfumature più vivaci. Il tutto sta a noi, alla nostra creatività, alla nostra volontà. “Il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non rimanete intrappolati nei dogmi, che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. […] Abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione: loro vi guideranno in qualche modo nel conoscere cosa veramente vorrete diventare. Tutto il resto è secondario”. (Steve Jobs, Università di Stanford, 2005).