M’è frullata nel pensier…
Verdi agonizza. E tra le donne che intorno al cor gli son venute, le vive e le morte, le reali e le immaginarie, anche loro.
Le streghe.
Le strie, le sorelle vagabonde che intrecciano una ridda infernale attorno al suo letto d’illustre infermo.
Ma lo sposo che salpò col suo legno affogherò…
E per davvero sente di affogare, Giuseppe Verdi, in quel letto di piume che ora ondeggia al ritmo del sabba, ora posa come un relitto schiantato.
Un rovaio ti darò… i marosi leverò… per le secche lo trarrò…
Forse è questo il morire: essere trascinati dalle onde di un mare livido e minaccioso, maledetti da un consesso di megere.
Ma no, una mano fresca gli accarezza la fronte.
Sussurri incomprensibili ma dei quali intuisce la melodia d’amore e di pena gli confortano il respiro e gli acquetano la mente.
Il velo del mondo al di là pare diradarsi… e non è quella Margherita, e i figlioli perduti?
La ridda è disciolta, le streghe sconfitte.
Un’armonia di luce è dunque possibile, oltre il buio e la tempesta dello spavento supremo?