Le nostre vite intanto si aggrovigliavo e si avvoltolavano dentro ulteriori fili. Una rete vischiosa, magmatica e fluttuante, che avvolgeva e faceva tacere ogni cosa. Perché mescolava tutto. Perché sembrava poter tenere dentro tutto. Chiamandosi di volta in volta paese, famiglia, generazione, e ora, ancora una volta, paese
Quella di Giovanna Grignaffini in Però un paese ci vuole, suo primo romanzo, è una scrittura che colpisce sin dalle prime pagine, e non smette di stupire contorcendo la semplicità e la grandezza del paese come simbolo di una condizione esistenziale in un caleidoscopio di sentimenti che aspirano a smuovere gli istinti più arcaici dell’essere umano. I grandi temi, eterni ma sempre nuovi, dell’amicizia, dell’amore, della morte, sono incorniciati da una compagnia di amici che si ritrova al completo dopo anni, nel paese in cui sono nati e cresciuti e che è parte di loro, Fontanellato. A parlare in prima persona è Francesca, che torna al paese durante le vacanze estive per cercare di dare una spiegazione ad un mistero che da qualche tempo la insegue.
Porta con sé, infatti, tutta una serie di buste giallo canarino, tutte vuote. Non sa chi sia stato a mandarle, ma sa che sono partite da luoghi in cui lei stessa si trovava al momento della spedizione. Torna a Fontanellato perché crede che lì troverà le risposte che cerca, e intanto si riunisce con gli amici di sempre, Cinzia e Carlo, e si imbatte in un amore nuovo quando vede Franco. Di tutti, il personaggio che più colpisce è quello di Carlo. Il migliore amico di sempre per Francesca: ovviamente tutti pronosticavano che si sarebbero messi insieme un giorno, ma non è mai successo.
Carlo parla per sentenze, “massime”, come sono chiamate dalla compagnia, le quali ambiscono a spiegare la vita passando dalla saggezza popolare e arrivando sino a filosofi e storici studiati all’università. È un uomo sempre in conflitto con sé stesso, sostenitore della pigrizia come massima virtù, illuminante e contraddittorio, a volte sprezzante e totalmente estraneo a luoghi comuni, stereotipi e buon senso. Grazie a lui nascono quotidianamente discussioni fertili, intense, globali. È il cardine del romanzo, il punto attorno a cui ruota la coerenza narrativa e grazie al quale l’intelligenza del lettore è stimolata da molteplici e svariate prospettive.
Tutto ciò è reso possibile dallo stile dell’autrice, la cui scrittura preziosa, espressiva e precisa sa celare nelle frasi più semplici la massima potenza simbolica, così da creare un tessuto complesso che dona all’intreccio un sublime strumento di sviluppo. Un po’ difficile da seguire all’inizio, ma vale la pena perseverare nella lettura. Questo romanzo è la culla delle riflessioni che attanagliano l’uomo da sempre.