Il signore delle mosche nasce come romanzo dedicato alla sfiducia nell’essere umano; una dedica non ottimista, che condanna la narrazione ad una discesa terrificante verso le profondità dell’animo umano.
Un gruppo di ragazzi e bambini si ritrova disperso su un’isola deserta: nessun adulto, nessun segno di civiltà, nessuna regola, se non quelle che cercano di darsi loro stessi. Iniziano bene, eleggendo democraticamente un capo e dandosi compiti e direttive che danno un senso alle loro giornate e li mantengono sul piano del senso comune. Ma qualcosa comincia ad andare storto quando i ragazzi addetti alla caccia scoprono il gusto del sangue e della morte. Si avverte in loro una trasformazione, un regresso ad uno stadio antico dell’uomo e dell’essere vivente, un sentimento fatto di paura, esaltazione, godimento e furore. L’umano si trasforma in bestia velocemente, e coloro che ancora non ha preso parte alla danza grottesca del sangue e della caccia, ne diventano preda.
In questo libro il male allo stato puro è raccontato attraverso dei ragazzi che non hanno più di dodici o tredici anni, e ciò lo rende ancora più spaventoso, nel senso che la possibilità che quello che emerge dentro questi quasi adolescenti possa esistere dentro ognuno di noi è terrificante, ma anche estremamente affascinante da analizzare. Il susseguirsi degli eventi appare come una dimostrazione dell’inevitabilità del prevalere della bestialità sulla cultura, sulla civiltà, sul buon senso e sulle istituzioni.
Un romanzo pessimistico e utopistico, ma che può funzionare anche come chiave di lettura del reale, in un mondo in cui la violenza non sempre trova una spiegazione. Ci spinge ad interrogarci sulla natura di chi ci sta vicino, ma anche sulla nostra, e stimola un desiderio inconscio di cercare in fondo a se stessi quel germoglio del male, per osservarlo e cercare di capire quanto potente sia o possa diventare.
Le scene più cruente del romanzo sono dettagliate e precise, ma prive di ornamenti troppo vistosi. Niente è lasciato all’immaginazione, cosicché le immagini sono nitide e scioccanti nella loro semplicità. Dominano i colori della terra quando prevale la bestia, quelli del mare e del cielo quando ancora la speranza è viva. La costruzione narrativa è incalzante; l’apprensione e l’ansia divorano il lettore fino all’ultima pagina. Questo è un classico che tutti dovrebbero leggere, per riflettere sulla concretezza di un male a cui non sappiamo dare una spiegazione.