In occasione dell’anniversario della liberazione d’Italia, ha un gusto quasi romantico ricordare l’ondata delle esperienze della lotta partigiana che nel 1945 vide protagonisti giovani di qualsiasi schieramento politico tra le file degli alleati francesi, inglesi, americani, australiani. Fare appello alla propria coscienza personale per il riscatto della coscienza civile e nazionale fu il passo fondamentale per un riscatto generale del Paese. Benché il fenomeno non coinvolse tutti gli italiani, è fuori da ogni dubbio che ci troviamo di fronte a un monumento edificante della nostra Storia, che ha valore civile incommensurabile. E lo si può sostenere al di là di ogni retorica.
L’esperienza dell’antifascismo, che nasce come riappropriazione della libertà e della giustizia sociale, ha una valenza culturale che Calvino, nella prefazione all’edizione del ’64 de Il sentiero dei nidi di ragno, ha saputo raccontare con un’efficacia unica. Ci fu una vera e propria esplosione letteraria, che portò i giovani degli anni a ritenere che si potesse davvero mettere un punto alla privazione di ogni diritto che il regime nazifascista era stato. L’immediatezza comunicativa che andò dilagandosi a macchia d’olio nella collettività fu più importante del singolo scrittore. Calvino scrive:
“La rinata libertà di parlare fu per la gente subito smania di raccontare: nei treni che riprendevano a funzionare […] ogni passeggero raccontava le storie che gli erano accorse. Ci muovevamo in un multicolore universo di storie. Chi cominciò a scrivere si trovò così a raccontare le stesse storie dell’anonimo narratore orale: alle storie che avevamo vissuto di persona […] si aggiungevano quelle che ci erano arrivate già come racconti. Durante la guerra partigiana le storie appena vissute si trasformavano e trasfiguravano in storie raccontate la notte intorno al fuoco, acquistavano già uno stile, un linguaggio, un umore come di bravata.”
Un “comune sentire”, insomma, che convogliò l’opera letteraria di gran parte degli scrittori dell’epoca. E che merita di essere ricordata perché, in fin dei conti, come avrebbe detto Pertini, fu “un secondo Risorgimento i cui protagonisti furono le masse popolari”.